Questa mattina, presso l’Ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno, si è verificata una situazione incresciosa che ha coinvolto il genitore di un ragazzo di 2o anni, il quale ha deciso di condividere la propria esperienza con questa redazione. La testimonianza ricevuta, densa di emozioni e riflessioni, offre uno spaccato significativo su una problematica che merita attenzione. Sebbene conosciamo l’identità del mittente, abbiamo scelto di non rivelarne la firma: al centro della vicenda ci sono i fatti e le loro implicazioni, che desideriamo raccontare per sensibilizzare l’opinione pubblica. Di seguito, pubblichiamo integralmente la lettera. All’Ast, ovviamente, lasciamo la possibilità di dare la propria versione dei fatti.
“Con la presente vorrei portare a conoscenza l’opinione pubblica della disavventura attraversata questa mattina per una importante prestazione sanitaria ospedaliera che può essere svolta esclusivamente in ospedale.
Il sottoscritto si è recato assieme al figlio ventenne presso l’ospedale Mazzoni di Ascoli per fare una scintigrafia prenotata due mesi fa, nonostante la stessa prestazione avesse i caratteri dell’urgenza. Ma si sa, ormai nel Piceno il concetto di “urgenza” è divenuto un optional.
Per ben due mesi mio figlio ha dovuto sottoporsi a dei controlli tutti i giorni in attesa che si svolgesse questo importante esame, sottoponendo lui stesso e la mia famiglia a uno stress psicologico, stress motivato dai terribili lutti che già in passato ci hanno coinvolto.
Questa mattina, però, recandomi in ospedale abbiamo avuto l’incredibile e la sconfortante notizia che l’esame non poteva essere svolto perché mancava il farmaco che doveva accompagnare la suddetta prestazione.
Ma come è possibile che possano accadere cose del genere visto che l’esame era programmato da oltre due mesi e quindi la provvista del farmaco doveva già essere fatta con largo anticipo?
Dopo un momento di disorientamento mi sono recato presso gli uffici della Direzione Generale e sono riuscito a parlare con la Direttrice Generale la quale a fronte del nostro grave disappunto (e sto volutamente utilizzando un eufemismo) ha tentato di giustificare l’incresciosa situazione affermando che il farmaco non c’era perché non era arrivato il corriere ed informandomi che avrei dovuto attendere un altro mese prima di poter accedere all’esame.
Ho sentito in questi anni parlare di mala sanità, di un livello dei servizi che sono scesi qualitativamente ma non pensavo si potesse arrivare a questo punto, visto che mio figlio dovrà attendere ancora un altro mese prima di potersi sottoporre a questo esame che rimane urgente, ma solo sulla carta.
Non trattandosi di una emergenza ma di un accertamento programmato lo sconforto e il senso di impotenza è tanto”.