Sabato prossimo, al termine della partita, il Porto d’Ascoli ospiterà gli avversari del Monticelli al centro commerciale Porto Grande per una bella festa insieme. A prescindere dal risultato e di quante “botte” siano volate in campo. Le svastiche e gli imbrattamenti subiti dal pulmino dei biancocelesti non hanno minimamente scalfito, insomma, l’impegno che la società da cinque anni profonde in questa tecnica mutuata dal rugby che sembra non voler proprio prendere piede nel mondo del calcio. Qualche eccezione a parte, ovviamente, come il Porto d’Ascoli.
“Abbiamo iniziato cinque anni fa in Prima Categoria – ricorda Fabrizio Malizia – grazie all’iniziativa di un nuovo gruppo dirigenziale. Certo, all’inizio c’era diffidenza da parte delle squadre avversarie, poi hanno capito lo spirito dell’iniziativa, anche perché noi pian piano l’abbiamo diffusa a tutte le nostre squadre del settore giovanile”. Il merito del Porto d’Ascoli è certamente quello di trasmettere la sua sportività agli altri sodalizi: a partire da San Severino Marche, Treia e Montottone, altre realtà stanno cominciando ad apprezzare l’iniziativa.
“Il nostro terzo tempo – continua Malizia – serve a valorizzare i prodotti del territorio attraverso un buffet ma proiettiamo anche, su uno schermo, la partita per rivederne i momenti salienti”. Una pratica che, come detto, è stata mutuata dal rugby e che serve proprio per dare una lezione a tutto il resto dell’ambiente. Vedere i giocatori, fossero anche di due realtà profondamente rivali, andare d’amore e d’accordo al termine dei novanta minuti, è senz’altro uno degli strumenti più efficaci a far calare la temperatura sugli spalti. Nel calcio che conta era stato il Cagliari, per un periodo, a tentare l’esperimento che però non ebbe grande fortuna. Quello che da tutto questo tempo sta facendo il Porto d’Ascoli rappresenta così una vera e propria lezione. unica, o comunque rara, nel Paese dove, tanto tempo fa, si giocava il calcio più bello del mondo.