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PAUSA CAFFE’ | Guido Bianchini “Mia moglie adorava i suoi alunni. Impegnata nel sindacato fino alla fine”

Il presidente del Comitato Inail di Ascoli e i suoi ricordi di gioventù. “All’epoca piazza del Popolo era un punto di ritrovo. Ci conoscevamo tutti”
Pubblicato il 9 Febbraio 2024

ASCOLI PICENO. Guido Bianchini, presidente del Comitato Inail di Ascoli lei da anni tiene accesi i riflettori sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. A che punto siamo oggi, sono stati fatti passi avanti a tutela dei lavoratori?

Certamente sì, specie in questi ultimi 40 anni. Si sono ridotti gli infortuni sul lavoro rispetto ai numeri degli anni Settanta, anche grazie a nuove norme che hanno ampliato gli obblighi, i diritti e le tutele, che oggi riguardano tutti i lavoratori, per alcuni versi anche gli autonomi. Le norme ci sono, ma come in altre situazioni c’è un forte scarto nella loro applicazione: probabilmente sono troppe e disarticolate tra di loro, sarebbe necessaria un’opera di razionalizzazione e semplificazione, ma questo è un discorso complesso di natura fortemente politica. Per fare un esempio, nel 1972 gli infortuni denunciati sono stati 1.522.683 e 3.675 mortali: al 30 novembre 2023, siamo arrivati a 455.140, di cui 968 mortali.

Come si sono evolute le leggi?

Il nostro Paese è sempre stato all’avanguardia nella legislazione in materia di sicurezza sul lavoro, con le prime tracce risalenti alla fine dell’800, poi ci sono stati gli articoli della Costituzione Italiana che garantiscono il diritto dei cittadini al lavoro ed alla tutela della salute. Ovviamente anche le organizzazioni sindacali sono intervenute sugli aspetti della sicurezza sul lavoro con i contratti collettivi nazionali di lavoro e la contrattazione aziendale, dove esigibile, con i cd consigli di fabbrica e le commissioni ambiente. Con la seconda metà degli anni Novanta entriamo in un nuovo scenario: prima con il D.lgs. n.626/64, che recepisce le direttive europee in materia di sicurezza, poi con il Decreto Legislativo n.81/2008 che stabilisce le regole, le procedure e le misure preventive da adottare per rendere più sicuri i luoghi di lavoro, quali essi siano. Si inseriscono nuove figure di riferimento tra le quali il Rappresentante dei Lavoratori alla Sicurezza, che deve essere presente in ogni azienda, al di là della presenza del sindacato. Oggi è la norma di riferimento anche se mancano alcuni decreti attuativi e il nuovo sistema sulla formazione, accordo Stato Regioni, fermo da oltre un anno e mezzo per aspetti burocratici. Da qualche tempo si nota tuttavia una sorta di “blocco”, forse politico o di sensibilità (scarsa anche nel sindacato), che limita un ulteriore salto di qualità.

Lei è stato anche rappresentante del sindacato dei lavoratori Uil. C’è qualche episodio in particolare che l’ha portata a capire che battersi per preservare la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori sarebbe stata la sua priorità?

Quando ho iniziato la mia attività sindacale, nel 1974, prima da delegato aziendale di una multinazionale, poi funzionario e quindi dirigente di categoria e confederale, la realtà socio economica della nostra provincia era profondamente diversa da quella attuale. Tante erano le grandi aziende, spesso nate grazie ai benefici Casmez, come: Manuli, Elettrocarbonium, Ceat, Cartiera, Lagostina, Allieri, Mida solo per citarne alcune. Era alto il tasso di sindacalizzazione, partecipazione e contrattazione aziendale anche per i preoccupanti aspetti legati agli infortuni e alle malattie professionali. Oltre all’Inail e all’Ispettorato del lavoro c’era anche l’Enpi ovvero l’Ente nazionale prevenzione infortuni di propaganda contro l’infortunistica e di promozione, sviluppo e prevenzione degli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, poi sciolto all’inizio degli anni Ottanta.

Può ricordarci qualche caso?

Alla Mida, produttrice di freni e frizioni, circa 200 dipendenti, furono scoperti casi di asbestosi, la vertenza assunse una caratura nazionale. Alla Cartiera Mondadori, sempre inizio anni Ottanta, emersero tra i lavoratori problemi di ipoacusia, causa un ambiente di lavoro estremamente rumoroso. Purtroppo all’epoca non era una patologia professionale riconosciuta dall’Inail e ci vollero diverse azioni sindacali e legali per il riconoscimento e inserimento nelle tabelle dell’istituto. I lavoratori della Cartiera e le loro associazioni sindacali furono pionieri nazionali per il riconoscimento. Alla Manuli e Ceat di Ascoli, alla fine anni Settanta, ci furono delle vertenze per il problema piombo, poi definito dal D.lgs. n.277/91 che ha anche normato la presenza del cosiddetto medico di fabbrica presente all’epoca solo all’Elettrocarbonium.

Quando è libero da impegni professionali come ama rilassarsi?

Mi piace leggere, in particolare romanzi storici di ambientazione medievale, e amo molto il cinema americano. Faccio inoltre lunghe camminate giornaliere all’aria aperta.

Lei è originario di Ascoli Piceno. Com’era da bambino e poi da adolescente?

Ascoli era una città molto diversa da quella attuale. Sono nato e vissuto da giovane nel centro storico, quindi ho potuto assaporare la vita del quartiere in un modo completamente differente da quello che si farebbe oggi, giocando in strada e osservando ad esempio gli artigiani dell’epoca svolgere il loro mestiere “rubando con gli occhi.” Poi c’era la vita di piazza del Popolo dove incontravi e conoscevi tutti. Oggi questo è un qualcosa che si è perso, ed è un vero peccato.

Lei era molto legato a sua moglie, venuta a mancare qualche tempo fa.

Al di là delle note più personali che conservo sempre con me, mia moglie ha insegnato per più di 30 anni alla scuola primaria, i bambini erano la sua gioia e la sua vocazione. Ha anche avuto un lungo impegno con il sindacato che ha portato avanti fino alla fine, consapevole della responsabilità che comportava.

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