di Luigina Pezzoli
PORTO SAN GIORGIO. Emanuele Frontoni è professore ordinario di Informatica all’Università di Macerata e co-direttore del Vrai, Vision robotics & Artificial intelligence lab.
Lei si occupa di ricerca nel settore dell’intelligenza e della visione artificiale. Come impatterà tutto questo sull’esistenza umana?
Stiamo vivendo un importantissimo momento di cambiamento per la nostra società. L’applicazione dell’Ai già oggi incide sulla qualità della vita, sulla sicurezza, sulla sanità e sull’efficienza lavorativa. Per esempio, sistemi di AI che riconoscono e interpretano immagini stanno migliorando la diagnostica medica attraverso analisi più rapide e precise, influenzando così il settore sanitario. Allo stesso tempo, la visione artificiale abilita i veicoli autonomi a interpretare e reagire all’ambiente circostante, migliorando la sicurezza e riducendo gli incidenti stradali. Questi sviluppi offrono immense opportunità, ma sollevano anche questioni etiche importanti relative alla privacy, al controllo dei dati e al potenziale impatto sull’occupazione. Ed anche i nostri territori sono molto attivi in questo mondo.
Ci può descrivere qualche caso nelle Marche?
Nascono nelle Marche i sistemi basati su AI e visione per l’analisi del movimento dei bambini prematuri, i metodi più accurati al mondo nell’ambito della predizione dei rischi di complicanze nel diabete, i sistemi di supporto alle terapie ABA nel settore dell’autismo. Sono alcuni degli esempi che discuteremo di seguito e sono pochissimi rispetto alle decine e decine di storie di successo che il nostro paese sta producendo, all’interno della sfida della ricerca nel mondo dell’AI per la salute dell’uomo a livello internazionale. Se entrate alla Terapia Intensiva Neonatale (TIN) del Salesi di Ancona trovate delle culle monitorate da telecamere. Lo scopo è quello di assistere i clinici con nuove metriche di analisi del movimento, basate su metodi di AI e in particolare di Deep learning. Per addestrare questi approcci sono stati raccolti dei dataset, ovvero tanti esempi, che sono tra i più rilevanti al mondo nel settore. Sarebbe impossibile arrivare a tale livello di monitoraggio dei movimenti usando solo i nostri occhi umani. In tanti di questi progetti c’è sempre una preziosa collaborazione tra enti di ricerca, università e strutture sanitarie pubbliche o private; sono elementi importanti dei processi di innovazione e trasferimento tecnologico che andrebbero ulteriormente valorizzati.
In merito al diabete sono stati fatti passi avanti.
Se guardiamo al settore del diabete, che costituisce una delle cronologie più impattanti sulla qualità della vista e sulla salute delle persone oltre che sui costi del sistema sanitario, abbiamo delle interessantissime iniziative in atto. L’Italia costituisce un bacino di sperimentazione ideale per via dell’esistenza dei Centri Diabetologici e di una tradizione di cura legata anche al progressivo invecchiamento della nostra popolazione nazionale. Oggi, grazie all’AI ed a tanti dataset con storie di pazienti che tornano indietro nel tempo fino a 10 anni, possiamo predire con una buona accuratezza le possibili complicanze gravi che un paziente potrà avere nei prossimi mesi. Dalla storia clinica della singola persona si derivano dei possibili rischi, ad esempio di una retinopatia. L’algoritmo è stato addestrato con tanti esempi ed è in grado di predire il rischio di insorgenza del problema agli occhi in un orizzonte temporale di 6 mesi o un anno. Il clinico vede i pazienti a più alto rischio e può intervenire in anticipo, comprendendo anche in maniera chiara e trasparente quali dati hanno portato a quella predizione. Si tratta di un tema di AI Ethics imprescindibile in medicina: gli algoritmi debbono essere “spiegabili” (eXplainable in inglese, per cui si parla di XAI) per permettere al clinico una accettazione di quella decisione e un vero supporto e non una non consapevole presa di posizione del sistema di AI. Anche questo esempio nasce in Italia ed è oggi uno dei sistemi più precisi al mondo in questo settore, ideato dalla collaborazione di clinici ed esperti di diabetologia, informatici, ingegneri biomedici ed esperti di etica dell’AI. Questo esempio ha la sua base proprio a San Benedetto del Tronto in METEDA.
Lei ritiene fondamentale un nuovo metodo di lavoro. Ci può spiegare?
É sempre evidente quanto cruciale sia un approccio costruttivo di cooperazione uomo-algoritmo: persone in grado di farsi supportare e algoritmi “tecnicamente” etici in grado di essere compresi facilmente dall’uomo. È un metodo di lavoro nuovo che dobbiamo fortemente allenare.
È direttore scientifico di Nemolab, il primo hub italiano di ricerca tecnologica dedicato esclusivamente alle patologie neuromuscolari. In questa direzione sono stati fatti passi in avanti?
Grazie alla convergenza tra la tecnologia e la medicina, è possibile sviluppare soluzioni innovative per la diagnosi, il monitoraggio e il trattamento delle patologie neuromuscolari. L’uso di tecnologie avanzate come l’AI e il machine learning permette di analizzare grandi quantità di dati clinici per identificare pattern che possono prevedere l’evoluzione della malattia o rispondere meglio a specifici trattamenti, migliorando così la personalizzazione della cura medica. Uno dei progetti più belli che Nemolab sta portando avanti si chiama Voice for Purpose. Questo progetto mira a offrire a chi rischia di perdere la voce a causa di malattie come la SLA, la possibilità di utilizzare un modello vocale personalizzato o donato, attraverso un servizio chiamato Voice Banking. Le tecnologie di comunicazione vocale attuali per i pazienti presentano notevoli limiti, come toni meccanici e non personalizzati. Il progetto, sostenuto dalla campagna MY VOICE di AISLA, permette agli utenti di registrare e conservare la propria voce sulla piattaforma, rendendo possibile la generazione di una sintesi vocale più umana e rappresentativa. È inoltre aperta la possibilità di donare volontariamente la propria voce per supportare chi non può conservarla e per le applicazioni di AI Generativa. Per contribuire donando la proprio voce, è possibile visitare il sito https://www.voiceforpurpose.com.
La Stanford University lo ha inserito nella «World’s top 2% scientists», la lista del 2% degli scienziati maggiormente influenti nella comunità scientifica nel settore dell’AI. Che effetto le ha fatto?
È senza dubbio un onore. Questo riconoscimento motiva a continuare a lavorare nella direzione che abbiamo seguito negli ultimi anni e non è un riconoscimento singolo, ma di gruppo, poiché nessuno fa ricerca in AI da solo. Devo molto al nostro lab e per loro continuiamo a lavorare e a portare avanti una visione di ricerca utile, onesta e rispettosa di tutte e tutti. Il nostro laboratorio si chiama VRAI – Vision, Robotics and Artificial Intelligence Lab raggruppa ricercatori provenienti da differenti università e centri di ricerca: l’Università Politecnica delle Marche, l’Università di Macerata, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, il CRISP dell’Università di Milano Bicocca. Il laboratorio è coinvolto in molti progetti nazionali e internazionali e ha oltre 30 ricercatori che lavorano in diversi campi dell’Intelligenza Artificiale con un approccio interdisciplinare volto a integrare le competenze ingegneristiche e tecnologiche con quelle delle social science e delle humanities. Siamo attivi in vari settori della ricerca internazionale nel settore dell’AI con oltre 350 articoli scientifici pubblicati ed è impegnato in varie azioni di trasferimento tecnologico di soluzioni di AI in collaborazione con imprese ed enti nazionali e internazionali. Partecipa a vari progetti finanziati dalla Commissione EU all’interno dei programmi Horizon 2020, Horizon Europe ed Erasmus.
Quando ha iniziato ad appassionarsi a questo settore?
Ho iniziato ormai 20 anni fa quando, ancora da studente, scrivemmo un primo algoritmo di riconoscimento facciale per l’esame di Intelligenza Artificiale. Oggi questo tema è un semplice esercizio del mondo AI che ci permette con robustezza di riconoscere il nostro volto e di usarlo per sbloccare il nostro smartphone o per autorizzare pagamenti. All’epoca il nostro professore di AI aveva il pizzo e io realizzai quel progetto con una collega studentessa di ingegneria. Il sistema ogni tanto, sbagliando, riconosceva lei come il professore Abbiamo fatti molti passi avanti ricchi di curiosità e passione per questo settore.
È autore di oltre 300 articoli internazionali e collabora con numerose aziende nazionali e internazionali in attività di trasferimento tecnologico e di innovazione. Quando è libero da impegni cosa le piace fare?
Oggi la famiglia e i nostri tre figli sono la passione principale e tutto il tempo libero è per loro. Purtroppo, non ne è molto, ma tra i buoni propositi c’è quello di una maggiore organizzazione e confidiamo anche che l’AI contribuisca ad aiutarci nell’essere efficienti in particolare nei tanti impegni burocratici o amministrativi per avere più tempo libero. Per il resto la passione per il calcio e l’arbitraggio mi accompagna sempre. È stato un grande “allenamento” per la mia vita e nei rapporti tra persone. Spesso rifletto sul fatto che oggi il nostro lavoro nel mondo AI coincide anche con una delle passioni della mia vita, ma non so valutare se questo sia un bene o un male.
Lei è originario di Montappone che infanzia è stata la sua?
Nasco in questo paesino e lo ricordo spesso anche nelle conferenze internazionali, cercando di promuovere la tradizione della produzione del cappello e questi bellissimi luoghi. Ho avuto una infanzia molto fortunata in una bellissima famiglia che mi ha educato insieme a mia sorella, anche verso il mio lavoro. Sin da piccolo ho avuto la possibilità di sperimentare e la prima connessione ad Internet, portata da quelle parti da Migamma, fu una emozione che ancora ricordo. Dobbiamo sempre stupirci delle evoluzioni tecnologiche e di quanta creatività umana ci sia dietro. L’altra parte bellissima della mia infanzia è stata la libertà di girare per il paese a piedi oppure in bicicletta, di uscire a giocare a calcio, a tennis con gli amici per ore senza troppe preoccupazioni e rischi. Nei piccoli paesi i genitori sapevano tutto sulle nostre azioni prima dei social e senza sensori di tracciamento GPS dei figli. La comunità vale moltissimo e dovremmo lavorarci molto di più.