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Marchigiani sempre più precari e con contratti intermittenti. Cgil: “Così non va”

Il segretario generale Santarelli: "I referendum della Cgil, strumento importante per cambiare modello sociale ed economico nella regione e nel Paese”
Pubblicato il 24 Giugno 2024

“È una crescita che ci preoccupa, così non va. Ecco perché la Cgil ha promosso i referendum sul lavoro: sono uno strumento importante per cambiare il modello sociale ed economico della regione e del Paese”, ha commentato Giuseppe Santarelli, segretario generale della Cgil Marche, in risposta ai dati recenti sull’occupazione.

I dati

Secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’INPS, elaborati dall’IRES Cgil Marche, nei primi tre mesi del 2024 le aziende marchigiane hanno assunto 49.482 persone, registrando un lieve aumento dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2023 e una diminuzione del 3,4% rispetto al 2022.

Le assunzioni a tempo indeterminato sono diminuite da 7.501 a 7.282 (-2,9%), così come il contratto di apprendistato, sceso del 16%, e il lavoro in somministrazione, diminuito del 13,9%. Al contrario, le assunzioni con contratto intermittente sono aumentate del 12,1%, passando da 7.532 nel primo trimestre del 2023 a 8.447, e anche le assunzioni stagionali sono cresciute del 25,6%, da 2.957 a 3.715. Il contratto a termine è rimasto sostanzialmente stabile.

Eleonora Fontana, segretaria della Cgil Marche, ha sottolineato: “Le azioni messe in campo dalla Regione hanno determinato un’ulteriore precarizzazione del mercato del lavoro. Sono necessari interventi da parte della Giunta regionale. Da tempo denunciamo che le risorse europee sono state utilizzate solo per misure spot”.

Confronto con il Centro Italia e il resto del Paese

Nel confronto tra il 2024 e il 2023, le assunzioni totali nelle Marche hanno registrato una tendenza opposta rispetto al Centro Italia (-3,7%) e all’Italia nel complesso (-1,1%).

Sul totale delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato rappresentano una quota molto ridotta (14,7%) e sono in costante diminuzione; la tipologia contrattuale maggiormente presente è il contratto a termine (41,1%), seguita dal contratto intermittente (17,1%).

Nelle Marche, la quota di contratti a tempo indeterminato sul totale delle nuove assunzioni è nettamente inferiore alla media nazionale (20,0%), posizionando la regione al penultimo posto in Italia per questa tipologia contrattuale. Anche l’incidenza dei contratti a termine è inferiore alla media nazionale (44,9%). Tuttavia, per i contratti di somministrazione, il valore regionale è superiore alla media nazionale (14,2% contro 12,2%). Le Marche risultano inoltre prime in Italia per la più alta incidenza di contratti intermittenti (17,1% contro una media nazionale del 9,2%), una tipologia che evidenzia un aumento costante del suo peso.

Fontana prosegue: “Nelle Marche siamo sempre ai primi posti per l’utilizzo di contratti intermittenti. Essi sono un indicatore di precarietà e sfruttamento. Il piano triennale per l’occupazione aveva l’obiettivo di invertire anche questa piaga del mercato del lavoro regionale, ma è ovvio che va declinato in maniera più incisiva e a misura delle particolarità marchigiane”.

Differenze di genere e trasformazioni di contratti

I rapporti part-time incidono per il 30,9% delle assunzioni. Tuttavia, si confermano significative differenze di genere: tra gli uomini le assunzioni con contratti part-time sono il 20,1% del totale, mentre tra le donne la percentuale sale fino al 46,3%.

Le trasformazioni di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato sono state 5.814, 1.225 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 (-17,3%) e oltre 500 in meno rispetto al 2022 (-8,6%).

L’analisi

“Le aziende piuttosto che assumere a tempo indeterminato o stabilizzare il personale precario tendono a rimpiazzarlo ricorrendo a nuove assunzioni di breve periodo. Le lavoratrici e i lavoratori marchigiani sono fortemente esposti al rischio di rimanere incastrati in una lunga precarietà”, evidenzia Fontana.

Giuseppe Santarelli, segretario generale della Cgil Marche, conclude: “Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale; sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire; dignitoso e perciò ben retribuito; stabile perché la precarietà è una perdita di libertà che taglia diritti e salari.”

Questa analisi mette in evidenza una situazione critica per il mercato del lavoro nelle Marche, con un aumento della precarietà e una diminuzione delle opportunità di stabilità per i lavoratori. La Cgil continua a spingere per riforme che possano invertire questa tendenza e garantire migliori condizioni di lavoro per tutti.

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