Il Consiglio di Stato ha “invaso” la sfera legislativa del Parlamento con la sua ultima sentenza sulle concessioni balneari: è la tesi con cui FdI chiede alla Camera di sollevare davanti alla Corte costituzionale il conflitto di attribuzione.
Con la lettera del capogruppo Tommaso Foti al presidente di Montecitorio Lorenzo Fontana, il partito della premier Giorgia Meloni tenta una nuova mossa nella complessa battaglia politico-legale sulla messa a gara delle spiagge, di fronte alla settima sezione del massimo organo della giustizia amministrativa che ha definito le proroghe generalizzate “illegittime anche perché contrastanti con la direttiva Bolkestein”.
Gli uffici della Camera stanno studiando il delicato dossier, senza grandi precedenti perché la maggior parte di vicende simili riguarda casi di immunità parlamentare. Serviranno almeno ventiquattro ore, non è escluso che il tema venga trattato nella capigruppo convocata alle 13 per discutere il calendario, o più facilmente in un ufficio di presidenza. Le opposizioni parlano di “farsa” (M5s), “caos di cui è responsabile il governo” (Avs) e “presa in giro” (Iv).
“Mi auguro che Fontana non dia seguito alla richiesta propagandistica della maggioranza”, l’auspicio di Benedetto Della Vedova (+Europa). Il tema vede da sempre compatto il centrodestra ma, a parte un plauso dell’azzurra Deborah Bergamini, FI e Lega non si sono espresse sulla mossa del partito della premier Giorgia Meloni. Distorsioni, possono obiettare i maliziosi, di una campagna elettorale in cui anche fra alleati ciascuno cerca di sventolare una bandiera e malvolentieri sfila sotto quelle degli altri. Oltre che il voto per le Europee, è dietro l’angolo la stagione estiva. Da tempo gli imprenditori balneari chiedono all’esecutivo un quadro normativo chiaro, dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato la proroga al 31 dicembre 2025 dei bandi prevista nel Milleproroghe dal governo Meloni. Come ricordato nell’ultima sentenza, le concessioni sono scadute a fine 2023, con la possibilità di una proroga tecnica di un anno “in caso di difficoltà nel completamento della gara”, secondo quanto stabilito dalla legge sulla concorrenza del governo Draghi nel 2022.
Durante il combattuto esame di quel provvedimento in Parlamento, due anni fa di questi tempi la Consulta dichiarò inammissibile il ricorso di sette parlamentari di FdI (primo firmatario il deputato Riccardo Zucconi, seconda Meloni) contro un’altra sentenza del Consiglio di Stato, che fissava la scadenza delle concessioni al 2023 e non al 2033, traguardo previsto invece nel 2018.
Il motivo: “Difetto di legittimazione dei ricorrenti a far valere prerogative non loro, ma della Camera di appartenenza”. Così ora FdI prova a fare leva sulla Camera. “Non si tratta di prorogare le aste ma di vedere a chi spetta il compito di fare le leggi”, nota Zucconi, che in commissione Finanze spinge su un suo emendamento per introdurre gli indennizzi per i concessionari uscenti. Secondo Foti, nella recente pronuncia il Consiglio di Stato “torna a ribadire la propria competenza non solo in ordine all’«obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie» ma chiarisce altresì che tale disapplicazione debba avvenire «senza che ciò possa essere condizionato o impedito da interventi del legislatore». Un assunto che riteniamo infondato e che contraddice lo spirito stesso della legislazione di derivazione comunitaria, che prevede che una Direttiva (in questo caso la Bolkestein) venga recepita con specifiche norme di legge”.
Con il passare degli anni il caos è aumentato, la Commissione europea ha mandato più avvertimenti, la procedura di infrazione è aperta e il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia europea sarà il prossimo passo senza un’intesa fra Roma e Bruxelles. Le interlocuzioni proseguono ma governo e maggioranza per ora insistono sul fatto che la risorsa spiaggia non sia scarsa (requisito che consentirebbe di non applicare la Bolkestein) in base a una mappatura realizzata dal tavolo tecnico aperto a Palazzo Chigi ma contestata dalla Commissione Ue. E nel frattempo l’Antitrust ha diffidato diversi Comuni a procedere con le gare. FdI ora cerca un appiglio in Fontana e nella Corte costituzionale. Resta da capire se sarà l’ultima spiaggia.
M5s: ‘Il governo vuol passare da ‘no gare’ a gare truffa’
“Ora che si intensificano i comizi elettorali, nel governo c’è chi come Salvini prepara il grande dietrofront sulle concessioni demaniali. Il “no alle gare” non è più posizione inamovibile, anche perché dopo gli avvisi dell’Ue e le pronunce del Consiglio di Stato il settore rimarrebbe nel caos più assoluto. L’escamotage del governo sembra quello di ripiegare sì sulle gare, ma ben indirizzate a tutela di chi la concessione magari la ha da decenni. Insomma, dal “no gare” si potrebbe passare a un sistema di gare truffa se vogliamo persino peggiore dell’incrostato sistema di concessioni dirette che ci tiriamo dietro da decenni”. Ad affermarlo in una nota è il senatore del M5s Marco Croatti.
Come M5s ribadiamo che il ddl Concorrenza del 2022, che peraltro Salvini votò, conteneva tutte le tutele del caso per le imprese virtuose, oltre alle dovute garanzie per lo Stato e per i lavoratori del comparto che ad oggi non ci sono. Gare indirizzate verso gli “amici” e gli “amici degli amici” sarebbero un epilogo ignobile dell’intera vicenda. Intanto la stagione nel fine settimana appena concluso è partita, e gli imprenditori navigano nel buio”. Ad affermarlo in una nota è il senatore del M5s Marco Croatti.