SAN BENEDETTO DEL TRONTO. La pioggia che ha allagato San Benedetto nei giorni scorsi riattiva la polemica degli ambientalisti, che chiedono un cambio di passo netto alla politica. “San Benedetto allagata da nord a sud dopo venti minuti di pioggia intensa, cosa faremo quando i minuti saranno quaranta, un’ora, un giorno?”, si domanda il comitato Fermiamo il Consumo di Suolo.
“Gli allagamenti accadono da molti, troppi anni, senza che questa città abbia un vero piano per la gestione e il contenimento delle acque meteoriche, che inevitabilmente si faranno più intense negli anni a venire. E non intendiamo soltanto i nuovi e più efficienti sistemi di pompe del sistema fognario, ma di apparati di cisterne sotterranee e di superficie negli spazi aperti delle città. Come anche gli edifici privati che nell’occasione di una ristrutturazione dovrebbero prevedere impianti di stoccaggio delle acque. Questo sistema darebbe oltretutto una importante risorsa idrica nei periodi secchi per l’irrigazione pubblica e privata. Funzionano in pratica come le casse di espansione, o di laminazione, dei corsi d’acqua. E invece no: qui si continua a parlare di varianti edilizie al piano regolatore, di centinaia di parcheggi, perfino di tombamenti di torrenti, di strade, infrastrutture, decine di nuovi palazzi; addirittura nuovi complessi ospedalieri in pieno centro, di fantomatiche enormi zone sportive e di svago. Tutto ciò cementificando e impermeabilizzando gli ultimi terreni liberi, che invece sono i primi attori del drenaggio delle acque e degli scambi gassosi per l’assorbimento della CO2”.
Il movimento è scettico sulla possibilità di ottenere ascolto: “Come al solito saremo tacciati di utopismo, di volontà di decrescita, di atteggiamento antieconomico. Intanto i nostri record di città sono diventati quelli di maggior consumo di suolo ogni anno in Italia, col 38%. Persino un semplice progetto di Parco Marino viene osteggiato e intralciato, continuiamo a perdere decine di hotel con la relativa imprenditoria familiare e l’indotto di posti lavoro professionali perché trasformati in residence, senza che si riesca a parlare di blocco delle destinazioni edilizie. Per dirla in breve: le strutture su cui puntare, su cui investire oggi sono strutture davvero verdi ed ecologiche, non il green washing, il giardinaggio o il mero decoro urbano: ma parchi urbani con strutture di ritrovo e aggregazione, forestazione e orti urbani per il chilometro zero, decentramento dei parcheggi, disincentivo dell’automobile, zona pedonale su tutta la fascia costiera e conseguente nuova viabilità per trasporti pubblici capillari, rinaturalizzazione dei torrenti e corridoi ecologici”.