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2005, 2017, 2024. E’ la terza volta che gli “alleati” chiedono la testa di Gabrielli

Quello che è accaduto oggi sembra una sorta di remake di ciò che accadde nel 2017 e, soprattutto, nel 2005
Pubblicato il 23 Agosto 2024

di Massimo Falcioni

SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Bruno Gabrielli non è più assessore e, di conseguenza, non è più un membro dell’amministrazione Spazzafumo.




Un epilogo annunciato da settimane, ma che colpisce ugualmente, perché l’ormai ex esponente di maggioranza era stato considerato fin dalla discesa in campo del primo cittadino un suo vero e proprio braccio destro, se non addirittura colui che all’inizio del 2021 promosse la sua candidatura a sindaco.

A voltare le spalle a Gabrielli è stata in primis la sua lista, Libera San Benedetto, che ha mal tollerato i suoi recenti comportamenti, con la vicenda della torre dell’Agraria che ha rappresentato la classica goccia capace di far traboccare il vaso.

A stupire della sua epurazione, tuttavia, è il fatto che in pochi siano realmente rimasti sorpresi da tale finale. Sì perché questo racconto non sembra altro che una sorta di remake, ovvero il riadattamento di una storia già vista e vissuta con interpreti diversi. Interpreti diversi, eccetto lui.

Il 2005

Innanzitutto occorre riavvolgere il nastro e tornare all’estate 2005, bollente più di questa a livello politico in quanto causò la caduta della giunta Martinelli, con annesso commissariamento del comune. In quel centrodestra governativo, i partiti determinanti per la tenuta erano Forza Italia – dove militava Gabrielli, allora assessore al turismo e alla cultura – e Alleanza Nazionale, movimento a cui appartenevano, tra gli altri, il vicesindaco Pasqualino Piunti e Giorgio De Vecchis.

I guai per Martinelli cominciarono quando un gruppo di consiglieri ‘finiani’ chiese la cacciata di Gabrielli. Il sindaco, per tentare di mediare, mise sul piatto un’alternativa: una riduzione delle deleghe che ne scongiurasse la defenestrazione. Di fronte all’insistenza dei malpancisti, che non vollero indietreggiare, Martinelli per evitare di essere sfiduciato in consiglio, si dimise prima.

Il 2017

Nel 2017 ecco il secondo atto. Centrodestra al governo della città, Piunti al comando e Gabrielli presidente del Consiglio Comunale. Una carica di garanzia, di arbitro super-partes che però non gli impedì di scatenare irritazione tra gli alleati.

Ad indispettire fu innanzitutto una trasferta a Torino, presso lo stadio Filadelfia, per studiare le modalità progettuali che potessero condurre ad una futura riqualificazione del Ballarin. Sindaco, assessori allo sport e ai lavori pubblici confidarono di non essere stati avvisati e si sentirono di fatto sorpassati.

Di lì a breve fu la volta della comunicazione da parte della maggioranza dell’approdo in consiglio del nuovo regolamento per il finanziamento alle associazioni. Mossa che mandò su tutte le furie Gabrielli: “Non sono un passacarte – tuonò a La Nuova Riviera – i temi li inserisco nei punti all’ordine del giorno quando li ritengo sufficientemente trattati e quando ritengo che abbiano fatto tutti i passaggi necessari per la comprensione. Attendo che qualcuno mi venga a spiegare le modifiche che si intendono apportare”.

Risultato? Il 29 aprile Gabrielli venne sfiduciato da presidente dell’emiciclo con 19 voti favorevoli, 3 astensioni e un voto contrario. Mai prima (e nemmeno in seguito) era accaduto che il capo dell’assise ricevesse una mozione contro, anche se – va precisato – una possibilità del genere era stata inserita nel regolamento al termine del primo mandato di Giovanni Gaspari.

Sette anni fa Gabrielli poté perlomeno portare avanti la sua battaglia tra gli scranni dell’opposizione. Stavolta non sarà così, con l’avventura politica che proseguirà – se proseguirà – fuori dal Palazzo.