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Lavoro, Cgil: “Nei primi sei mesi del 2023 le Marche sono la prima regione per precariato”

La quota di contratti a tempo indeterminato sul totale di quelli attivati è nettamente sotto la media del Paese (17%): la regione è terzultima per incidenza di contratti a tempo indeterminato sui nuovi rapporti di lavoro
Pubblicato il 4 Ottobre 2023

ASCOLI PICENO. Secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’INPS, elaborati dall’IRES Cgil Marche, nel periodo gennaio-giugno del 2023 le aziende marchigiane hanno assunto 119.444 persone, il 5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2022 e il 16,4% in più rispetto al 2021.

Rispetto allo scorso anno la diminuzione ha interessato tutte le tipologie contrattuali ad eccezione degli stagionali (+0,8%).

Nello stesso periodo le cessazioni dei rapporti di lavoro sono state 84.644, dato che fa registrare un decremento del 5,3% rispetto al 2022; nei confronti del 2021 si osserva, invece, un aumento del 26%.
Il saldo assunzioni – cessazioni risulta positivo nel complesso (+34.800) e per le singole tipologie contrattuali, ad eccezione dei contratti a tempo indeterminato.

Nel confronto 2023-2022, le assunzioni totali registrano nelle Marche una tendenza più marcata ma in linea rispetto al Centro Italia (-0,5%) e all’Italia nel complesso (-1,2%). Rispetto al 2021, invece, nel territorio marchigiano le assunzioni crescono meno che al Centro (+25,8%) e in Italia (+26,7%).

Sul totale delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato sono una quota molto ridotta (11,2%); la tipologia contrattuale maggiormente presente è il contratto a termine (36,8%), seguita dal contratto intermittente (18,1%). Il part time incide per il 35,1%, ma tra le nuove assunte donne il ricorso al tempo parziale rappresenta il 48,3% delle assunzioni.

Nelle Marche la quota di contratti a tempo indeterminato sul totale di quelli attivati è nettamente sotto la media del Paese (17%): la regione è terzultima per incidenza di contratti a tempo indeterminato sui nuovi rapporti di lavoro. Anche l’incidenza dei contratti a termine sul totale è inferiore alla media nazionale (42,8%). In riferimento alle attivazioni di contratti in somministrazione, il valore regionale è superiore alla media nazionale (13,1%% contro 11,9%). La regione risulta inoltre essere la prima in Italia per la più alta incidenza dei contratti intermittenti (18,1% contro la media nazionale del 9,2%).

Le trasformazioni di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato sono state 12.713, 368 in più rispetto allo stesso periodo del 2022 e oltre 5 mila in più rispetto al 2021. A determinare questo aumento sono soprattutto le trasformazioni da contratti a termine.

Infine, analizzando le cessazioni per tipologia di motivazione, rispetto al II trim. 2022, si osserva un significativo decremento dei licenziamenti di natura economica (-19,9%). Diminuiscono anche le dimissioni (-2.653, -9,6%).

In due anni, invece, fatta eccezione per la risoluzione consensuale, tutte le tipologie di motivazione osservano un aumento, che risulta più marcato nei licenziamenti di natura disciplinare (+93%). È necessario osservare, inoltre, un forte aumento delle cessazioni per fine contratto (+31,5%).

“Gli ultimi dati dell’Osservatorio sul Precariato dell’Inps del II trimestre 2023, elaborati dall’IRES Cgil Marche – dichiara Eleonora Fontana, segreteria regionale Cgil Marche – evidenziano una contrazione dei contratti a tempo indeterminato a vantaggio di forme contrattuali precarie; in particolare le Marche confermano un vero primato per uso del lavoro intermittente ed occupa le ultime posizioni nelle forme più stabili di assunzione”. Alla luce di questi dati, chiosa Fontana, “appare ancora più stucchevole la polemica, che ha riempito le cronache locali e nazionali nel periodo estivo, relativa alla mancanza di disoccupati disponibili ad accettare le offerte di lavoro rimaste inevase. Se gli unici contratti offerti sono di lavoro intermittente e/o di breve durata non c’è da stupirsi”. Chiude Fontana: “Risulta evidente come, nelle Marche, si confermi uno scivolamento verso la precarietà che si traduce in una certa decelerazione economica. Il mercato del lavoro regionale risulta insomma sostanzialmente debole e, per una durevole e seria ripresa, dovrà essere sostenuto da un piano regionale straordinario per l’occupazione “.

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