MACERATA. Quindici anni dopo la tragica morte di Claudia Bartolozzi, il caso potrebbe riaprirsi. Il corpo della 33enne infermiera di Corridonia venne trovato carbonizzato nella sua auto il 29 ottobre 2009, in contrada Alberotondo, a Macerata.
La giustizia ha sempre parlato di suicidio, ipotesi supportata dal ritrovamento di un biglietto di addio nella sua abitazione. Ma la famiglia, rappresentata dall’avvocato Alessandro Caruso Frezza, non ha mai accettato questa conclusione.
Nei giorni scorsi, il legale ha depositato una nuova istanza in Procura, chiedendo di riesaminare il caso. «Alla base della richiesta e a favore dell’ipotesi dell’omicidio volontario – ha spiegato l’avvocato Caruso Frezza – ci sono due nuove perizie grafologiche, redatte dal dottor Francesco Rende. Una dimostra che il biglietto di addio è un falso, mentre l’altra esclude la presenza di indicatori psicologici riconducibili a tendenze suicide».
Oltre alle perizie, l’avvocato ha portato un nuovo elemento: il nome di una persona che il giorno della tragedia, prima che la morte di Claudia fosse di dominio pubblico, venne vista sotto casa sua, in evidente stato di agitazione. Inoltre, ha ricordato che in passato si è data troppa fiducia a una perizia grafologica errata e che non è mai stata condotta un’indagine adeguata su un altro dettaglio sospetto: il libretto degli assegni di Claudia, ritrovato nella sua abitazione, compilato con scrittura a stampatello da mani estranee.
A distanza di anni, l’avvocato Caruso Frezza ha anche deciso di raccontare la vicenda in un libro, un romanzo-giallo ispirato al caso di Claudia Bartolozzi, che lui stesso definisce “archiviato troppo in fretta come suicidio”. Ora, la famiglia aspetta la decisione del procuratore capo Giovanni Fabrizio Narbone, nella speranza di ottenere finalmente una verità diversa.