PESARO. Accusata di aver offerto una prestazione sessuale a un anziano con l’intenzione di derubarlo, una trentenne nigeriana residente nell’entroterra di Pesaro è stata condannata ieri a 2 anni e 6 mesi di carcere.
La condanna è arrivata dopo il rito abbreviato davanti al giudice per le udienze preliminari di Pesaro.
L’arresto risale allo scorso marzo, quando i carabinieri del comando di Pesaro hanno incastrato la donna a seguito della denuncia di un uomo di 95 anni, originario della città. Secondo la ricostruzione dei fatti fornita dall’anziano, la nigeriana lo avrebbe avvicinato alla stazione, dicendo di aver perso l’autobus per tornare a casa. In quell’occasione, il pensionato si sarebbe offerto di accompagnarla con la sua auto.
Secondo la testimonianza dell’uomo, durante il tragitto verso la destinazione, la situazione è degenerata. L’anziano ha dichiarato che la donna gli avrebbe proposto un rapporto sessuale, ma lui avrebbe rifiutato. In ogni caso, la donna avrebbe chiesto del denaro prima di scendere dall’auto, come pagamento per la presunta “prestazione” e per il “disturbo”. Non fermandosi lì, avrebbe poi iniziato a strattonare il pensionato per ottenere il denaro, e, mentre lui cercava di darle 20 euro per farla andare via, la donna gli avrebbe sottratto il portafoglio.
La situazione è diventata caotica e il 95enne, spaventato, ha contattato i carabinieri. Gli agenti, già presenti nella zona del porto di Pesaro, sono intervenuti prontamente e hanno arrestato la donna, trovandola ancora nei paraggi con i soldi del pensionato in possesso.
La versione della donna, tuttavia, è completamente diversa. Assistita dall’avvocato Matteo Rondina, ha sostenuto che sia stato l’anziano a chiederle un rapporto sessuale. In questa versione, sarebbe stato il pensionato a deviare il percorso verso il porto, e, di fronte al rifiuto della donna, le avrebbe poi dato i 20 euro come scusa. Quei soldi sono stati effettivamente trovati addosso alla donna durante l’arresto.
Ieri, dopo una breve camera di consiglio, il giudice ha deciso per la condanna della donna a 2 anni e 6 mesi di reclusione, in linea con le richieste del pubblico ministero. Tuttavia, è stata revocata la misura dell’obbligo di dimora.