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Il punto nascita condannato a morte

Pubblicato il 20 Ottobre 2013

SAN BENEDETTO – Non occorreva una delibera regionale per dire che San Benedetto, come punto nascita, è destinato a morire.

Non occorrono neppure le garanzie di politici e burocrati che, ora, tentano di improvvisarsi salvatori della Patria garantendo lunga vita al servizio.

E’ sufficiente ricordare che esiste una condizione fisiologica neonatale che si chiama ittero. Colpisce circa il 40 per cento dei bambini nati a termine. E per i pretermine, quelli nati prima della scadenza del nono mese, la percentuale aumenta.

Nella stragrande maggior parte dei casi non ha assolutamente complicazioni. Perché esiste una cura semplicissima: si chiama fototerapia. Chi ha figli, e chi ha avuto la piccola sfortuna di incappare in questa complicazione, sa bene di cosa si tratti. Prendono il bambino lo mettono in una specie di culla termica esposta ad una lampada a raggi UV. Un rimedio semplicissimo senza il quale, però, il bambino rischia seri e permanenti danni al sistema nervoso.

Da diversi mesi, credo più di un anno, il servizio a San Benedetto non è garantito. Perché la riduzione di personale nel reparto di pediatria è stato ridotto e non esiste più la figura dell’assistente che ha il compito di sorvegliare il piccolo mentre si trova nella culla. E’ necessaria infatti una persona che si accerti che il piccolo non si tolga la maschera che protegge gli occhi dalla luce ultravioletta e che non si verifichino situazioni potenzialmente pericolose come rigurgiti.

Insomma il servizio non c’è più e questo comporta il trasferimento immediato di un bambino nato da poco più di 24 ore, nell’ospedale di Ascoli Piceno. Così ecco che i genitori non fanno in tempo a conoscere il proprio piccolo che lo vedono chiudere dentro un piccolo sarcofago, caricare in ambulanza destinata a percorrere, in pochi minuti, i circa trenta chilometri di superstrada che separano i due nosocomi.

Che significa tutto ciò? Significa che, di fronte ad una tale prospettiva, in molti decidono, e sempre in più decideranno, di andare a partorire altrove. Ascoli, Ancona, Civitanova. Persino a Sant’Omero. Il ridiolo di tutto ciò sta nel fatto che la scelta di ridurre il servizio in Riviera è stata fatta sulla base di non si sa quale ragionamento visto che l’ospedale di San Benedetto vede (o vedeva) molti più parti di quelli fatti ad Ascoli.

E allora, non serviva una delibera per abbattere l’ennesimo servizio garantito dal Madonna del Soccorso. La sentenza di condanna a morte, il punto nascita sambenedettese, l’aveva ricevuta già da un po’.