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Dal “sindaco di Scampia” al comune fatiscente. Per Piunti e Spazzafumo identica gaffe ma un diverso trattamento

Emidio Lattanzi
Pubblicato il 31 Marzo 2022

Le figuracce sono state identiche. Spazzafumo è stato solo più sfortunato. Mentre nel resto del mondo l’attenzione dalla guerra in Ucraina si è spostata sul ceffone di Hollywood, in viale De Gasperi e dintorni non si fa altro che parlare di Scampia (e da qualche ora anche a Scampia si sta cominciando a parlare di San Benedetto). Il motivo, inutile soffermarcisi sopra più di tanto, è la frase del sindaco Spazzafumo che ha tirato in ballo un inesistente “comune di Scampia” per giustificare la sua volontà di riammodernare le aree maggiormente rappresentative del Comune che sarebbero ridotte male. Una volontà sacrosanta. Le motivazioni le ha date e ne ha tutto il diritto. E’ lui il sindaco e non si è eletto da solo.

Il problema, ormai lo sanno pure i muri, è Scampia. municipalità di Napoli tirata in ballo da Spazzafumo per descrivere la fatiscenza di una parte del palazzo comunale. E venne il diluvio universale. Lo fece anche Piunti. Venne una pioggerellina di meme. Che durò parecchio, ma bagnò solo quel fazzoletto di terra compreso tra il Tesino, il Tronto e Centobuchi. Già a Martinsicuro affermano che quel giorno splendeva il sole.

Per l’attuale sindaco di San Benedetto si sono invece scomodati nientemeno che Radio24, Corriere del Mezzogiorno, un discreto numero di quotidiani campani e forse pure qualche Tg del Sud Italia. Una differenza di trattamento che sembrerebbe non essere giustificata da nulla se non, forse, dal calcolo delle probabilità. Se parcheggi in divieto di sosta una volta magari non se ne accorge nessuno, ma se lo fai una seconda crescono le possibilità di ritrovarti una bella multa sotto il tergicristallo. E così è stato.

Il sindaco di San Benedetto, uno con la fascia tricolore addosso, (per la verità sono due persone diverse ma il ruolo è sempre quello) ha tirato in ballo per due volte uno stereotipo che pesa sulle teste di migliaia di persone che nulla vogliono avere a che fare con il degrado e la criminalità raccontati dai film e dalle serie Tv e che, anzi, stanno lavorando da anni per elevare socialmente il proprio territorio. Cosa, per inciso, che a San Benedetto da ancora più anni non sembra essere nemmeno all’orizzonte.

E sta tutta qui la sfortuna di Spazzafumo che, almeno nella forma, ha dimostrato di avere più di una cosa in Comune con il suo predecessore. Una, ad esempio, è quella di ignorare che Scampia non fosse un Comune (convinzione condivisa con tanta altra gente). Un’altra, è quella che a volte si finisce per parlare in pubblico senza essere sicuri di quello che si sta dicendo. E questa è una cosa che al bar te la fanno passare, ma se sei seduto sul più alto scranno del Consiglio Comunale di San Benedetto pure. Ma a volte anche no.

Perché è inutile nascondersi dietro un dito. La frase su Scampia è uscita dalla bocca del sindaco ed è stata rimbalzata da qualche segnalatore locale fino ai media nazionali. Il resto l’hanno fatto il passaggio su una delle più seguite trasmissioni che è famosa per essere sempre attenta a questo genere di situazioni e la lettera strappalacrime inviata al sindaco di Napoli. Due mosse che hanno potenziato a dismisura la portata dei riflettori su una vicenda che appena tre anni prima era passata quasi inosservata al di fuori delle nostre strade e stradette più o men ripide o piane.

Ma questo non giustifica nessuno. Né chi parlò prima, né chi parla oggi. Rappresentare lo stereotipo dell’uomo “del popolo” non esime dal mantenere atteggiamenti e parole appropriate al rispetto dell’istituzione che si rappresenta. Sia quando si indossa la fascia tricolore, sia nella vita di tutti i giorni. Eppure sembra esserci in alcuni la convinzione che si faccia del bene a rompere gli schemi nella forma. E questa è forse una conseguenza degli ultimi due decenni passati a confondere la politica con il malaffare dei partiti, a generalizzare e a fare un pastone del tutto. Fa comodo spingere il popolo a ripudiarla, la politica. Lo avevano capito anche ad Atene, qualche anno fa. “Il prezzo pagato dalla brava gente che non si interessa di politica è quello di essere governata da persone peggiori di loro”, diceva quella vecchia volpe di Platone.

Ma questo, per quanto riguarda l’attuale amministrazione comunale di San Benedetto, non possiamo dirlo perché il terremoto mediatico riguarda un grossolano errore di forma e non di sostanza. A ottobre si è votato per il cambiamento e nei prossimi mesi, sperando nel frattempo di non finire pure allo Zoo di 105, ne sapremo di più. Si sta avvicinando il momento di parlare di progetti e al balcone c’è una città intera. Nel frattempo, visto che è nata questa intensa corrispondenza, perché non fare un pensierino ad un gemellaggio riparatore con la municipalità napoletana?

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