La partita sulla riforma fiscale all’interno della maggioranza si fa sempre più tesa. Matteo Salvini vuole accelerare sulla sua proposta di “pace fiscale”, sperando di ottenere un’intesa prima del congresso della Lega previsto per aprile. Il vicepremier assicura che il dialogo con gli alleati è costante e che l’obiettivo resta quello di una soluzione condivisa e coerente con il programma elettorale. Tuttavia, Forza Italia non sembra disposta a dare priorità alla rottamazione delle cartelle esattoriali senza prima intervenire sull’Irpef per i redditi fino a 60mila euro, come ribadito dal presidente dei senatori azzurri Maurizio Gasparri.
Mentre la Lega spinge per una dilazione fino a 120 rate per i debiti fiscali, Forza Italia insiste che qualsiasi provvedimento di questo tipo debba essere accompagnato da coperture finanziarie adeguate, come sottolineato dal responsabile economico del partito, Maurizio Casasco.
Giorgia Meloni, per il momento, rimane in disparte, evitando di entrare direttamente nello scontro. La Premier preferisce concentrarsi sulle sfide internazionali, tra cui il possibile impatto dei dazi statunitensi e il nodo dell’aumento delle spese militari richiesto dalla NATO. Un’altra questione cruciale riguarda l’immigrazione, con l’attesa sentenza della Corte di giustizia europea sul piano per i centri in Albania.
Sul fronte dell’opposizione, il dibattito si accende attorno alla proposta del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle di una patrimoniale sui super-ricchi a livello europeo. Elly Schlein e Giuseppe Conte rilanciano l’idea di un prelievo sui grandi patrimoni, ma dal centrodestra arriva un secco no. «La sinistra italiana è unita solo quando si tratta di chiedere nuove tasse», attacca la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli. Anche il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, definisce la patrimoniale una proposta populista e dannosa per il ceto medio.
Non manca qualche voce critica anche tra le opposizioni. Carlo Calenda, leader di Azione, riconosce la necessità di far pagare di più ai grandi patrimoni, ma avverte che un’imposta mal calibrata potrebbe incentivare l’esodo dei capitali, riducendo il gettito fiscale.
Nel frattempo, la battaglia sulla rottamazione continua. Il Partito Democratico attacca la proposta della Lega, stimandone un costo superiore ai 5 miliardi di euro. Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, parla di «un condono indiscriminato che impiega miliardi di risorse pubbliche». La Lega, dal canto suo, replica che il Pd ha sostenuto provvedimenti simili durante i governi Renzi e Gentiloni.
Il braccio di ferro tra Salvini e Forza Italia, quindi, è tutt’altro che risolto, mentre Meloni osserva senza prendere posizione, consapevole che l’ultima parola spetterà al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, alle prese con risorse limitate e un quadro economico complesso.