di Luigina Pezzoli
SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Il primo viaggio che ricorda a bordo del camion di suo padre, allora titolare di una ditta di autotrasporti, così come suo nonno.
Sì l’emozione era sempre grande. Avevo sei anni e per me quello era un mondo tutto da scoprire, cercavo di capire qualcosa che era ancora troppo difficile da comprendere alla mia età. Era una scoperta continua e piacevole. Ricordo ancora la difficoltà che avevo nel salire e scendere dal mezzo così grande e mi domandavo come mio padre riuscisse a guidarlo. Non dimenticherò mai la cura che metteva nella sua manutenzione. Mio padre così come i miei zio e i miei nonni mi hanno fatto vivere da subito un mondo che oggi ha problematiche simili ed accentuate rispetto ad allora; le loro riflessioni e soluzioni sono ancora attuali. Oggi si vive in un mondo in cui sono cambiati i rapporti umani, si è passati da una stretta di mano che regolava tutto, a diverse carte scritte che in realtà non sempre danno le soluzioni sperate. Tornare al passato, a volte, rappresenta un progresso soprattutto nei rapporti personali. Dei miei nonni mi manca tutto, in particolare i loro consigli. Sono convinto che se fossero ancora in vita riuscirebbero ad aiutarmi: ho una grande memoria, ricordo numeri, date, discorsi e aneddoti e posso affermarlo con certezza.
Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli Piceno (ruolo che ricopre da oltre un decennio) figlio di un artigiano, che cosa rappresenta per lei l’artigianato?
Ritengo che l’artigianato sia un insegnamento costante, una formazione continua data da imprese e imprenditori, per la maggior parte dei casi titolari di attività piccole e medie, ma ricche di storia e tradizione. Spesso trascorro ore ad ascoltare e parlare con loro, e per me ha un grande valore formativo, come lo è stato il percorso universitario e altri corsi che ho svolto. Ascoltare un artigiano spesso ti fa capire come nella vita si possano coniugare passione e lavoro, compiendo dei sacrifici che non tutti sono in grado di sostenere, lavorare senza tener conto del tempo ma mettendoci il cuore, con un obiettivo costante da raggiungere. È il mondo in cui sono cresciuto e che mi ha insegnato tanto. Essere cresciuto in una famiglia, sia da parte materna che paterna, con sani principi e origini artigiane è un valore immenso che conservo e riporto quotidianamente in tutto quello che faccio, con grande umiltà e impegno.
Lei ha calcato il campo del Ballarin indossando la maglia della Riviera Samb nei primi anni Duemila, sottoponendosi al rito scaramantico di toccare le corna in legno appese all’ingresso dello spogliatoio come avevano fatto gli idoli della Samb targata Bergamasco.
Sì un’esperienza breve, perché poi sono andato a Bologna per studiare, ma che ricordo con grande piacere: allenarsi e giocare in uno stadio che ha fatto la storia della città è indimenticabile. Ancora oggi con alcuni amici ed ex compagni di squadra ridiamo ricordando come altre squadre giocavano su campi per lo più in erba, spesso in condizioni davvero buone, mentre il nostro era in terra battuta, con qualche raro ciuffo d’erba, eppure ci dava forza e gioia per quello che il Ballarin rappresentava per la città. Racchiude un po’ quei valori che lo sport ti trasmette anche nella vita: è piacevole ma se vuoi ottenere dei risultati c’è bisogno di sacrificio, e non fu un caso se a San Benedetto si vinse quasi tutte le partite in casa. Lo sport non l’ho mai lasciato e ancora oggi dopo 21 anni di calcio a 5 con la Bocastrum a Castorano e diversi problemi ad un ginocchio, rifarei tutto, per quei valori e quella disciplina che poi ti restano dentro. Comunque mi ritengo uno dei fortunati per aver potuto compiere il gesto scaramantico nello storico stadio sambenedettese.
Laureato in Economia a Bologna, dopo un periodo di tirocinio in uno studio commerciale ha conseguito un Master in Finanza e Management: i numeri lo hanno sempre appassionato.
I numeri mi son sempre piaciuti, all’interno della loro lettura c’è tanto da scoprire e riflessioni da fare. Sono particolarmente felice che dal mio primo giorno di scuola in poi il mio percorso formativo non si sia arrestato e ancora oggi, con diversi impegni e ruoli che ricopro nei vari ambiti, i numeri sono al centro di tutto. Ma il numero senza strategia, da solo come mero dato, è fine a se stesso. Per ogni percorso deve esserci un’idea, un progetto, un obiettivo che può mutare anche in corsa ma che va perseguito. Forse non è un caso che a mia figlia Sofia piacciano in maniera particolare la matematica e i numeri. Sono profondamente innamorato di mia moglie e delle nostre figlie, grazie a loro, al sostegno che mi danno e alle gioie che viviamo insieme, anche le giornate che sembrano interminabili diventano più semplici da affrontare.
Cosa significa essere artigiani oggi con la tecnologia in continua evoluzione?
Oggi più che di artigianato in evoluzione mi sento di dire che le imprese, e quindi gli imprenditori, sono in costante evoluzione e formazione. Riuscire a coniugare l’antico mestiere, il vecchio saper fare con un’innovazione tecnologica che avanza rapidamente e costantemente è l’unica strada da percorrere e che ancora potrà farci distinguere e non far sparire alcuni rari mestieri che ancora abbiamo. Siamo passati a sviluppare progetti e lavorare dai PC fissi ai portatili agli smartphone con un mercato spostato sul digitale in poco tempo e spesso molti, compresi i più piccoli imprenditori, si sono adeguati anche senza rendersene troppo conto, ma stando dietro a tale evoluzione. Va distinta e salvaguardata la qualità che le nostre imprese sanno sviluppare nei vari settori, dal manifatturiero alla produzione ma anche in agricoltura, con un innovazione digitale che ci ricorda costantemente come sia veloce il cambiamento. Anche i vari sostegni che spesso chiediamo per aiutare gli imprenditori vanno in questa direzione: abbiamo una qualità rara che nel resto del mondo tutti cercano, ma per poter competere c’è bisogno di sviluppare al meglio tutto il nostro know how.