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Nòio… volevàm… volevòn savuàr… l’indirìss… di Facebook. Ecco perché lunedì il mondo di Zuckerberg è scomparso

Sui motivi che hanno provocato il disastro del 4 ottobre ci sono già dichiarazioni e ricostruzioni ufficiali e no
Pubblicato il 8 Ottobre 2021

Sconclusionati e sconsolati. L’incomunicabilità tra il vigile di Milano e la coppia Totò e Peppino è alla base della causa dell’impossibilità di raggiungere Facebook, Instagram e Whatsapp durante lo scorso 4 ottobre 2021.

Nell’esperienza di navigazione di tutti giorni, ci sono meccanismi e operazioni che i calcolatori elettronici fanno a nostra insaputa perché alla fine, ciò che veramente ci interessa è digitare la parola Facebook da qualche parte e poter sbirciare un secondo dopo i profili dei nostri amici, oppure inviare un pollice in su via Whatsapp al gruppo del calcetto affinché tutti capiscano che potranno contare sul miglior realizzatore della stagione soprattutto nel campionato di chi addenta più arrosticini dopo la partitella.

Ma è quando qualcosa non funziona che ci rendiamo conto che il mondo di Internet è leggermente più complesso rispetto a quanto immaginiamo. Dunque, cosa è successo il giorno di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, quando nessuno riusciva più a recarsi a casa di Mark Zuckerberg?

Forse che le residenze del magnate statunitense sono d’un tratto sparite? Forse che le strade per raggiungere quelle ville sono sprofondate?

Nient’affatto, le case sono rimaste dove sono sempre state, come pure le strade per arrivarci. E allora perché i nostri telefonini non riuscivano a raggiungere la meta?

Per capirlo ci viene utile l’episodio del film Totò, Peppino e la… malafemmina richiamato poche righe fa, perché i nostri dispositivi elettronici quando chiediamo loro di condurci in Rete, hanno necessità, a loro volta, di domandare ad altri calcolatori il percorso da seguire, ma se per qualche motivo la APP che abbiamo sul telefonino non riesce a ottenere questa informazione, la pagina desiderata non si apre.

Ma andiamo per gradi e, per comprendere meglio il funzionamento, facciamo degli esempi. Totò chiede al vigile dov’è Facebook; il vigile, che conosce molti indirizzi a memoria, risponde senza esitazione che Facebook si trova in via degli Hacker numero 1 a Menlo Park, in California, negli Stati Uniti d’America. Sin qui tutto bene, ma Totò e Peppino non sanno il percorso per recarsi a quel numero civico e per questo chiedono al vigile anche le corrette indicazioni stradali.

L’agente a questo punto si informa dalla centrale operativa e consegna alla stramba coppia una mappa dettagliata con la direzione da seguire. Fuor di metafora, il nostro telefonino sa perfettamente dove andare per veicolare i dati di Facebook sullo schermo. E questo è lo scenario nel quale tutto funziona a dovere.

Riportiamo ora invece il caso occorso qualche giorno fa: Totò chiede al vigile dov’è Facebook, questi risponde con l’indirizzo. La coppia chiede quindi le indicazioni stradali, il vigile si informa presso la centrale operativa da dove fanno sapere di non riuscire più a trovare sullo stradario la via per il famoso social network. Il vigile non è dunque in grado di soddisfare la richiesta di Totò e Peppino i quali purtroppo, pur conoscendo l’indirizzo, non sono in grado di raggiungerlo.

Ovviamente il vigile dovrà rispondere non solo a Totò e Peppino, ma a migliaia e migliaia di altri utenti, fino a che anch’egli prova a ricontrollare se almeno l’indirizzo che conosce è ancora valido, poiché magari Facebook nel frattempo potrebbe avere traslocato altrove, in altra città. Ma non c’è niente da fare, il vigile stesso non riesce più a trovare l’indirizzo di Facebook e dunque non è più in grado di fornire neanche questa informazione agli utenti che ulteriormente gli si presentano davanti.

In tale contesto, per alcune lunghissime ore, i dispositivi elettronici di tutto il mondo non sapevano né l’indirizzo di Facebook né, di conseguenza, l’eventuale percorso per arrivarci.

Ecco dunque che, in conclusione, possiamo dare anche i nomi giusti alle componenti di cui abbiamo parlato: il vigile che ci risponde con l’indirizzo rappresenta quel sistema di traduzione tra nomi e numeri chiamato DNS, cioè Domain Name System, che è capace di dire al nostro telefonino che www.facebook.com corrisponde all’indirizzo 31.13.86.36.

In seconda battuta, la centrale operativa, alla quale viene domandato che percorso usare per raggiungere l’indirizzo 31.13.86.36, fa la funzione del protocollo BGP, cioè Border Gateway Protocol, che è in grado di fornire la strada più breve verso quell’indirizzo. Il percorso è rappresentato da una sequenza di numeri che identificano i fornitori dei servizi Internet che è necessario attraversare per giungere a destinazione. La sequenza ha questo aspetto: AS6762_AS32934.

Sui motivi che hanno provocato il disastro del 4 ottobre ci sono già dichiarazioni e ricostruzioni ufficiali e no: pare che la scintilla sia stata una errata configurazione di un apparato, in casa Zuckerberg, deputato alle funzioni di BGP e che questa, scatenando un fatale effetto domino, abbia fatto calare le tenebre su nomi (DNS) e percorsi (BGP) della famiglia Facebook, Instagram e Whatsapp.

Oggi, superati gli iniziali momenti di panico e smarrimento, anche noi possiamo riderci su e dire di esserci trovati nella comica, sebbene frustrante, situazione di chi si rivolge al vigile chiedendo “Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”, senza però ottenere risposta.

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