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La durata delle graduatorie nei concorsi degli enti locali torna a tre anni

Resta però il nodo delle sanzioni sul comando e dei chiarimenti sulle assunzioni tramite mobilità volontari
Pubblicato il 31 Marzo 2025



La durata delle graduatorie concorsuali negli enti locali torna a essere di tre anni, allineandosi nuovamente a quanto previsto dal Dlgs 267/2000, dopo che il Dpr 82/2023 l’aveva ridotta a due per tutte le pubbliche amministrazioni. Il cambiamento è contenuto nel Dl 25/2025, attualmente all’esame della Camera per la conversione in legge.

La nuova durata delle graduatorie riguarda soltanto quelle ancora valide al 15 marzo, data di entrata in vigore del decreto. Non si tratta infatti di una norma di interpretazione autentica e quindi non ha effetto retroattivo. In passato, sulla questione si erano generati contrasti tra le sezioni regionali della Corte dei Conti e i giudici amministrativi, poi superati dal Dpr 82/2023, che però ora viene superato per gli enti locali.

Un altro passaggio importante del Dl riguarda il superamento dell’istituto del comando: le Pubbliche amministrazioni dovranno inquadrare nei propri organici i dipendenti in comando da oltre dodici mesi e che abbiano ricevuto una valutazione pienamente positiva. Il mancato rispetto di questa disposizione entro il 2025 comporterà due sanzioni: la cessazione del comando al massimo entro il 30 aprile 2026 e il divieto di nuovi comandi per 18 mesi, anche per profili diversi.

Le sanzioni si applicano anche ai lavoratori in comando che non presentino domanda di inquadramento, ma non è chiaro se tale inquadramento debba avvenire in modo diretto o tramite una procedura di mobilità volontaria, in cui i comandati avrebbero una corsia preferenziale. Quest’ultima interpretazione era sostenuta dalla Funzione pubblica prima dell’approvazione del nuovo decreto.

Restano poi alcuni dubbi interpretativi sulle nuove regole in tema di mobilità volontaria. È essenziale che la legge di conversione chiarisca che per l’anno 2025 il ricorso a questo istituto è solo facoltativo, come previsto dalla legge n. 15/2025. Non meno importante è definire con precisione cosa si intenda per facoltà assunzionali nei vari enti territoriali: se si tratti delle capacità teoriche assegnate sulla base del rapporto tra spesa del personale ed entrate, o di quelle effettivamente deliberate nel piano del fabbisogno.

Optare per la prima interpretazione comporterebbe una forte estensione dell’obbligo di utilizzare la mobilità volontaria, incidendo notevolmente sulla gestione del personale in Comuni, Province, Regioni e Città metropolitane.