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Imu, Tari e multe: potrebbero arrivare sanatorie da comuni, province e regioni

La riforma fiscale concede maggiore autonomia agli enti locali per la riscossione, ma l'opposizione denuncia un possibile “condono mascherato”
Pubblicato il 1 Febbraio 2025

La riforma della fiscalità locale, una delle ultime tappe della delega fiscale, si prepara a riaccendere il dibattito sui “condoni”. Il decreto legislativo, anticipato dal Sole 24 Ore, concede a Comuni, Città metropolitane, Province e Regioni la possibilità di introdurre “definizioni agevolate” sulle proprie entrate, incluse quelle patrimoniali come le rette scolastiche, le tariffe delle mense e il canone unico. Unica eccezione a questa regola sarà l’Irap. Facile prevedere un’ondata di accuse di “condoni locali” da parte dell’opposizione e la replica del Governo sulla necessità di “cambiare il rapporto tra fisco e contribuente”, anche a livello locale.



Maggiore autonomia per gli enti locali

Dal punto di vista pratico, la riforma apre nuove possibilità per le amministrazioni territoriali e per i contribuenti. Il nuovo articolo 2 della bozza permette agli enti locali di introdurre tipologie di definizione agevolata, che possono prevedere l’eliminazione o la riduzione di interessi e sanzioni per chi regolarizza la propria posizione tributaria. Questo significa che i sindaci e i presidenti potranno decidere autonomamente di ridurre o azzerare sanzioni e interessi, senza dover attendere una normativa nazionale.

Questa nuova autonomia rappresenta una svolta rispetto al passato, quando i Comuni potevano aderire solo alle sanatorie fiscali nazionali. Con la riforma, potranno decidere quando e come attuare le definizioni agevolate, stabilendo l’entità dello sconto, il periodo di attuazione e le tipologie di entrate coinvolte.

Il nodo dei crediti inesigibili

Uno degli aspetti centrali della riforma riguarda la gestione dei crediti inesigibili. Secondo l’ultima rilevazione della Corte dei Conti, nei bilanci dei Comuni risultano 19,05 miliardi di euro di residui attivi, ovvero somme che dovevano essere incassate ma che non sono mai arrivate nelle casse pubbliche. Di queste, due terzi sono ormai considerati di difficile recupero. I dati dell’Ifel evidenziano come le percentuali di mancata riscossione siano particolarmente alte: il 7,6% per l’Imu, il 15,9% per la Tari e addirittura il 28,4% per le multe.

La riforma punta a fornire strumenti più efficaci per agevolare la riscossione e ridurre il peso dei crediti non incassati, che oggi costringono gli enti locali ad accantonare 6,3 miliardi di euro nel fondo crediti di dubbia esigibilità. Questo fondo, che rappresenta un freno alla spesa pubblica, pesa in particolare nel Sud Italia, dove l’importo medio pro capite è 2,75 volte superiore rispetto al Nord.

Tributi e sanzioni coinvolti

La riforma prevede che le definizioni agevolate possano riguardare Imu, Tari, multe, rette scolastiche, canone unico patrimoniale e bollo auto. Restano escluse le addizionali Irpef, che seguono le regole dell’imposta nazionale, e l’Irap, destinata esclusivamente al finanziamento della sanità.

Inoltre, le sanatorie locali saranno temporanee, con termini stabiliti dai regolamenti comunali e un periodo minimo di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’atto ufficiale.

Obiettivi della riforma

L’iniziativa mira a bilanciare due esigenze: da un lato, offrire ai contribuenti un’opportunità per regolarizzare la loro posizione con uno sconto su interessi e sanzioni; dall’altro, consentire agli enti locali di incassare risorse che altrimenti resterebbero bloccate nei bilanci come crediti inesigibili. La questione resta comunque politicamente delicata: mentre la maggioranza difende la misura come un’opportunità per modernizzare la riscossione locale, l’opposizione denuncia il rischio di un nuovo “condono mascherato”.

Nei prossimi giorni il testo della riforma sarà al centro di un confronto decisivo, prima dell’approvazione finale in Conferenza Unificata e Consiglio dei Ministri.