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Un sambenedettese ai vertici del Gemelli. Il professor Franceschi: “La sanità Picena è di alto livello. Ma penalizzata dalla rivalità tra San Benedetto e Ascoli”

Il direttore dell'Unità Operativa Complessa di Medicina d'Urgenza del Policlinico romano: "Dobbiamo iniziare a ragionare nell'ottica di due presidi che funzionino in perfetta sintonia"
Pubblicato il 2 Giugno 2024

(nella foto Giorgio Troiani e i professori Francesco Franceschi e Salomone Di Saverio)

di Emidio Lattanzi

SAN BENEDETTO DEL TRONTO. San Benedetto la porta nel cuore e nella mente. D’altra parte è cresciuto in centro, da genitori commercianti, negli anni in cui i sambenedettesi ricalcavano perfettamente la definizione che disegnò per loro Guido Piovene: “fantastici, violenti e pronti alla rissa“. Oggi molte cose sono cambiate ma il professor Francesco Franceschi, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina d’Urgenza del Policlinico Gemelli di Roma, cita proprio lo scrittore vicentino per ricordare le proprie origini e anche per sottolineare come la città si sia evoluta in questo cambio di millennio.

“Oggi vedo una realtà cresciuta e più bella – afferma -. Una volta San Benedetto aveva delle vie ben messe e altre così così. Oggi si è fatto uno sforzo notevole nella ristrutturazione i cambiamenti ci sono stati, in meglio e dappertutto, anche se questa è una città che mantiene i propri principi fondanti. A distanza di tanti anni torni qui e ti ci ritrovi perfettamente”.

“Pensare in grande”

Al professor Franceschi non possiamo non chiedere cosa manchi a questa città per fare quel salto di qualità difficile per un centro di provincia come questo.

“Qui manca il pensare in grande. C’è paura di pensare in grande. Quando l’ingegner Onorati progettò il nostro lungomare ebbe moltissime critiche. Oggi noi viviamo della sua intuizione. San Benedetto colpisce le persone che arrivano da fuori proprio per la grandezza e per gli spazi del lungomare e del corso. Proprio quegli aspetti che venivano criticati all’epoca del progetto”.

Franceschi che per alcuni anni ha vissuto negli Stati Uniti insiste sulla necessità di pensare in grande. “Sarebbe bello avere qualcosa che ci caratterizzi in maniera importante. Dobbiamo investire maggiormente nel turismo. Noi non abbiamo un hotel a cinque stelle e se vuoi attrarre clientela devi offrire dei servizi esclusivi. Per un periodo si parlava di campi da golf. Io conosco molti golfisti e sono persone che vanno in vacanza solo dove ci sono dei campi da golf. Per fare un esempio. Ma poi noi abbiamo un entroterra stupendo, una grandissima produzione vitivinicola. Dobbiamo valorizzarla perché le persone conoscono i vini del Piemonte o della Toscana. E quelli del nostro territorio andrebbero promossi maggiormente”.

Sanità

Il professore è uno dei più noti e stimati medici in campo nazionale e internazionale e ha un occhio ben piazzato sulla sanità del nostro territorio. “Quando si parla male della nostra sanità lo si fa sbagliando. Qui ci sono tanti professionisti di buon livello tra i presidi di San Benedetto e Ascoli. Certo, è impensabile fare l’alta complessità perché l’alta complessità viene svolta nei centri di eccellenza. Parliamo di altre realtà ma qui c’è una sanità che funziona e spesso mi rivolgo alla nostra sanità per parenti o conoscenti che ho a San Benedetto. Quello che crea un danno alla nostra sanità è questo dualismo tra Ascoli e San Benedetto“.

“Noi – continua – dobbiamo iniziare a ragionare nell’ottica di due presidi che funzionino in perfetta sintonia. Questa competizione tra i due ospedali finisce per penalizzare il territorio. Perché nelle competizioni c’è sempre uno che vince e uno che perde e quando si parla di sanità questa cosa non ha senso. Dobbiamo imparare a ragionare come un unico territorio che ha bisogno di una qualità di alto livello. Poi per le altissime complessità ci si rivolgerà poi ai centri di eccellenza. Anche qui nelle Marche ci sono realtà di altissimo livello come l’ospedale di Torrette ad Ancona.

Incontriamo il professor Franceschi durante un caffè con gli amici Giorgio Troiani e un altro professore, Salomone Di Saverio. “E’ una professionalità sicuramente di altissimo livello – afferma riferendosi al collega -. E’ fondamentale avere persone che conoscono il nostro territorio e che ricoprono un ruolo così importante come la chirurgia come quella oncologica”.

“Tutelare il pronto soccorso”

Con il professore, che dirige proprio la medicina d’urgenza di uno degli ospedali più importanti d’Italia e che è presidente nazionale dell’Italian Emergency Medicine Schools (Items), facciamo una riflessione sul lavoro dei pronto soccorso sia in ambito locale che nazionale. “E’ l’unico presidio aperto 24 ore al giorno e 7 giorni su 7 al quale il cittadino può rivolgersi per qualsiasi problema di salute. E va tutelato perché purtroppo si finisce per incolpare il Pronto Soccorso o per penalizzare i medici dei pronto soccorso”.

Franceschi cita l’intervento del ministro della Salute Orazio Schillaci intervenuto all’ultimo congresso dell’Items ad Assisi: “Ha voluto portare un messaggio forte a sostegno degli specializzandi e degli studenti di medicina. Il ministro ha sottolineato che è dalla parte di chi sceglie questo lavoro e degli specializzandi che hanno scelto questa disciplina. Purtroppo i giovani medici per questioni di convenienza tendono a scegliere specialità più remunerative. Io ai nostri ragazzi dico sempre di seguire il cuore, non la convenienza perché poi si rischia di ritrovarsi a fare per tutta la vita un lavoro che non piacerà.

Proprio sulla situazione dei pronto soccorso il professor Franceschi auspica la creazione di un piano nazionale che preveda una serie di azioni. “Azioni che noi come Items abbiamo suggerito. Ad esempio il medico del pronto soccorso deve essere pagato di più, deve avere dei benefits anche non economici, tra questi per esempio il riconoscimento di un lavoro particolarmente usurante con la possibilità di andare in pensione prima e la possibilità o la possibilità a un certo punto della propria carriera, di poter chiedere di essere utilizzato in altri setting meno impegnativi”.

L’associazione presieduta dal professore è inoltre al lavoro sul cosiddetto “scudo penale” per i medici. “Non vuol dire – afferma – che se un medico commette involontariamente un errore non ci sarà un risarcimento economico. Lì parliamo di responsabilità civile, ed è un’altra cosa. Ma chi lavora in un setting così difficile ha una maggiore possibilità di incorrere in certe situazioni e non è giusto penalizzare persone che dedicano la loro vita a quel lavoro rischiando molto di più per ricevere un trattamento economico e pensionistico identico a quello degli altri”.

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