di Emidio Lattanzi
C’è un po’ di scetticismo attorno alle parole dell’assessore al Turismo di San Benedetto del Tronto, Cinzia Campanelli, dopo la diffusione dei dati sui flussi turistici 2024. Il calo registrato non è irrilevante né da sottovalutare. Certo, non si tratta di un crollo disastroso, ma rappresenta un apostrofo tutt’altro che rosa tra stagioni in crescita, e mettere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, non è certo la strategia migliore per affrontarlo. Il 4 percento in meno non è irrisorio. E lo è ancor meno se paragonato con i segni “più” delle città concorrenti.
Se i numeri parlano chiaro – Pesaro ha superato San Benedetto negli arrivi e nelle presenze – le barricate che da più parti si stanno alzando quasi a voler sminuire i dati servono a poco o a nulla. Anzi, rischiano di peggiorare quel processo di marcia indietro che ci auguriamo non si sia attivato. La competitività in ambito turistico non si risolve dando la colpa a destra, a sinistra e al centro, né tantomeno cercando alibi nella Regione, che ha registrato complessivamente un importante aumento dei dati.
San Benedetto, Senigallia e i chilometri quadrati
Uno dei punti su cui Campanelli ha insistito è il confronto territoriale tra San Benedetto e Senigallia. «San Benedetto del Tronto, con i suoi 25 chilometri quadrati, non potrà mai competere con i 115 km quadrati di superficie del comune di Senigallia», ha dichiarato. Ma questa affermazione si smentisce da sola: San Benedetto, per anni, è stata davanti a Senigallia nonostante le dimensioni. Il problema non sta nella superficie, ma nelle strategie. Alcuni territori sono andati avanti, altri sono rimasti indietro.
Ed è inutile sottolineare che Senigallia sia stata capace di creare eventi duraturi e caratterizzanti mentre a San Benedetto, agli eventi duraturi e caratterizzanti siamo allergici. Lo abbiamo scoperto, ad esempio, ai tempi della precedente amministrazione con l’uccisione del Maremoto Festival.
La Riviera delle Palme ha vissuto tempi d’oro grazie allo spirito pionieristico di chi ha saputo valorizzare e rendere attraente la città. Di chi ha saputo cavalcare i propri tempi. Ma i tempi cambiano e oggi sembra che San Benedetto abbia perso quella capacità di guardare avanti e si ritrovi a girare a vuoto arroccandosi su una mentalità ferma a venti, trenta o quaranta anni or sono.
Pesaro capitale della cultura: un traguardo, non una fortuna
C’è poi l’altra giustificazione: Pesaro ha avuto un vantaggio perché Capitale Italiana della Cultura. «Una città come Pesaro, capoluogo di Provincia, ha goduto di una vetrina di enorme valore come Capitale italiana della Cultura», ha detto l’assessore rappresentando un po’ la posizione di tutta l’amministrazione. Ma Pesaro non ha vinto alla lotteria, non è stata baciata dalla fortuna. È arrivata a quel riconoscimento perché ha lavorato per ottenerlo. Ha pianificato, programmato, costruito un percorso.
Ascoli Piceno ha provato a fare lo stesso e non ci è riuscita, ma almeno ci ha provato. San Benedetto, che di certo non può ambire a diventare capitale della cultura, che ha fatto nel frattempo? Quale traguardo ha inseguito? È finita sulle televisioni nazionali per la mucillagine, e invece di lavorare per ripulire l’immagine della città, ha lasciato che quel racconto restasse impresso nella memoria di tutti.
Se non vogliamo guardare i numeri, guardiamo i contenuti. Quali sono i punti di forza dell’offerta turistica di San Benedetto? L’arte? Gli eventi? I concerti? Certo, qualcosa c’è, ma confrontando la Riviera delle Palme con altri centri balneari dell’Adriatico, quel “qualcosa” diventa “molto poco”. E quel poco che c’è non viene promosso a dovere.
Ad esempio, quanti sanno fuori da queste quattro mura che ogni estate arrivano a San Benedetto scrittori, giornalisti, registi, cantanti di fama per presentare le loro opere? Un evento costruito con sacrificio da un libraio instancabile, che deve lottare ogni anno contro tutto e tutti per portare avanti un cartellone culturale degno di questo nome.
E il Comune cosa fa per promuovere questi eventi? A parte qualche depliant portato alle fiere e distribuito in città – quindi rivolto a chi è già a San Benedetto – quali strategie di comunicazione si mettono in atto per intercettare i turisti prima che scelgano un’altra meta? Andando a vedere dove finiscono i soldi per le attività di promozione turistica si evince benissimo che buona parte della promozione resta inutilmente e dispendiosamente confinata qui. Vale a dire che ce la cantiamo e ce la suoniamo. E mentre la nostra promozione è finalizzata a guardarci i video fatti con il drone sulle tv locali, altri centri si promuovono in giro per l’Italia e per il mondo.
Turismo di lusso e low cost: San Benedetto non ha nulla di tutto ciò
Un altro passaggio del comunicato di Campanelli apre una riflessione ancora più seria. «A Senigallia i campeggi obbligatoriamente devono registrare chiunque entri o esca», ha scritto l’assessore. Al di là della frase, l’amministrazione sottolinea un aspetto importante: San Benedetto non ha campeggi. Ma non ha nemmeno alberghi a cinque stelle.
Significa che non ha una vera offerta di turismo low cost e non ha nemmeno un’offerta di turismo di lusso. Modificando un adagio latino verrebbe da dire “Mediocritas nimia est mediocrium urbium sepulcrum”. La mediocrità eccessiva è la tomba delle città mediocri. Soprattutto se la mediocrità la fai pagare come se fosse eccellenza perché ti è aumentata la bolletta della luce.
Intanto la concorrenza corre e i turisti scelgono mete che hanno servizi migliori, strutture più moderne, eventi più attrattivi e una promozione più efficace. E sono isolati, a San Benedetto, quei casi di operatori turistici che cercano di fare la differenza potenziando e rendendo appetibili le proprie strutture.
Se vogliamo parlare di rilancio, dobbiamo guardare in faccia la realtà: il turismo non è più quello degli anni ‘80 o ‘90, quando bastava la spiaggia e la passeggiata serale per riempire gli hotel e gli chalet. O ci si evolve, o si resta indietro.
San Benedetto vuole reagire o continuare a guardarsi indietro?
Campanelli dice che bisogna «togliersi dalla testa questa inutile ossessione dei dati numerici». Ma i numeri sono il termometro di un problema. Se calano gli arrivi, se calano le presenze, se calano gli incassi, il problema esiste e va affrontato.
A San Benedetto ci sono potenzialità enormi, ma senza una visione strategica non basta essere stati una delle principali mete balneari del passato per continuare ad esserlo oggi.
Il 2024 ha lanciato un segnale. Sta a San Benedetto decidere se ignorarlo o se trasformarlo in un punto di ripartenza.