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“Prima gli italiani” (o gli europei). Al porto lo stabilisce la legge

La Capitaneria richiama il Codice della Navigazione dopo la richiesta d’imbarco di marinai extracomunitari a San Benedetto del Tronto
Pubblicato il 4 Aprile 2025




SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Al porto non è questione di scelte discrezionali o preferenze personali: la precedenza per l’imbarco su un peschereccio spetta ai marittimi italiani o comunitari, come stabilisce da tempo il Codice della Navigazione. Una norma tutt’altro che recente, ma che è tornata a farsi notare, dalle parti della Riviera delle Palme, nei giorni scorsi dopo una richiesta formale inviata alla Guardia Costiera sambenedettese.

Due pescherecci di San Benedetto del Tronto avevano chiesto l’autorizzazione a imbarcare, con la qualifica di marinai, alcuni cittadini extracomunitari. Di fronte alla segnalazione, la Capitaneria di Porto ha fatto ciò che la legge impone: ha pubblicato un avviso rivolto alla platea dei marittimi comunitari.

«Qualsiasi marittimo di nazionalità italiana o comunitaria che fosse disponibile all’imbarco potrà prendere contatti con l’autorità marittima del luogo dove risulta iscritto. Il presente avviso è in caso di mancato riscontro, si procederà ad autorizzare quanto richiesto dalle società armatrici», recita il testo ufficiale.

Nessuna misura speciale. È semplicemente l’applicazione dell’articolo 318 del Codice della Navigazione, che prevede che «l’equipaggio delle navi nazionali armate nei porti della Repubblica deve essere interamente composto da cittadini italiani o di altri Paesi dell’Unione Europea».

Solo in assenza di disponibilità interne si può aprire l’equipaggio a cittadini extracomunitari. Una possibilità prevista, però, attraverso accordi sindacali specifici. Lo stesso articolo prevede infatti una deroga: «Attraverso accordi collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentativi a livello nazionale, per i marittimi di nazionalità diversa da quella italiana o comunitaria imbarcati in conformità a quanto previsto dal codice della navigazione, non sono richiesti visti di ingresso nel territorio dello Stato, permesso di soggiorno e autorizzazione al lavoro, anche quando la nave navighi nelle acque territoriali e sosti in un porto nazionale».

Nessuna chiusura, dunque, ma un sistema a scalini, dove la precedenza viene garantita ai marittimi italiani o europei. È una regola, non un’opinione.

Eppure, la sensazione è che dietro le parole asciutte di un avviso ufficiale si nasconda un piccolo racconto della realtà attuale: quella di un mestiere sempre più difficile da coprire, e di navi che restano in attesa non solo di vento favorevole, ma anche di braccia disposte a salpare.