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PAUSA CAFFE’ | Remo Croci e l’intervista all’attentatore del Papa: “Agca si era documentato su di me, sapeva perfino che ero tifoso della Samb”

Il giornalista sambenedettese ripercorre le tappe della sua carriera: “All’inizio si usciva con telecamere pesanti. Oggi basta un cellulare per andare in diretta”
Pubblicato il 24 Novembre 2023

SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Remo Croci, giornalista dal 1975, ha iniziato la sua carriera lavorando nella televisione privata Tvp, per poi passare al Tgr Rai delle Marche, al Messaggero fino ad approdare a Mediaset nel 1994.

Durante tutti questi anni qual è il cambiamento più importante che hai riscontrato?

Lavorando soprattutto in televisione i cambiamenti più importanti sono stati quelli tecnologici. Ricordo che quando ero a Telecavo per fare i servizi uscivamo in troupe muniti di telecamere molto pesanti e di alcune batterie delle auto per alimentare i registratori. Oggi, invece, basta un semplice cellulare per andare in diretta. Sul piano della comunicazione, invece, i cambiamenti sono quelli dei tempi più rapidi ed essenziali: dare la notizia in modo immediato ma soprattutto dopo averla verificata. Oggi l’avvento dei social ha alzato di molto il rischio di poter diffondere notizie fake.

Nel 1999 sei stato assunto da Enrico Mentana al Tg5 seguendo avvenimenti di cronaca che hanno lasciato il segno come i terremoti di Marche, Umbria, quello a San Giuliano di Puglia e quello a L’Aquila. Che ricordi hai di quel periodo?

In quel periodo ero sempre in viaggio da una parte all’altra dell’Italia perché i fatti di cronaca imponevano quei ritmi. Mentana era molto esigente e voleva che gli inviati fossero sul pezzo, sempre, e prima degli altri. Si restava a seguire un evento per giorni e giorni.

Sei stato l’ultimo giornalista italiano a intervistare l’attentatore del Papa, Ali Agca.

Si avvenne molti anni fa, una domenica di maggio nel carcere di Montacuto ad Ancona. Dopo due mesi di contatti con il suo legale, l’avv. Marina Magistrelli, riuscimmo ad organizzare l’intervista. Agca mi colpì molto per la sua cultura, e soprattutto per tutto ciò che sapeva su di me. Si era documentato, sapeva perfino che ero tifoso della Samb.

Hai seguito diversi processi, dall’omicidio di Meredith Kercher a Perugia o Sarah Scazzi a Taranto. Qual è quello che in qualche modo ti ha colpito maggiormente?

Sono stati tanti quelli che ho seguito negli ultimi 30 anni. Se dovessi fare una classifica direi che quello di Meredith Kercher a Perugia è stato il più impegnativo e importante che ha contribuito alla mia formazione professionale.

Hai scritto diversi libri, ce ne hai un altro nel cassetto?

Da qualche mese sto scrivendo un altro romanzo noir che racconta di delitti che vedono protagonista Lampo il personaggio che ho scelto per investigare. Dopo aver seguito alcuni omicidi in Puglia, Lampo torna ad occuparsi di fatti di cronaca che avvengono nel nostro territorio. A giorni comunicherò la data e il luogo della presentazione. Posso anticipare il titolo del nuovo libro: “Lampo, Arturo e le tele”, un noir ambientato a San Benedetto e che avrà anche una traccia investigativa nel mondo dell’arte.

Negli ultimi tempi sei molto impegnato nella pittura.

Da ormai un anno espongono in tutta Italia le mie opere. Ho iniziato a cullare questa passione nel periodo della pandemia. Ho subito dipinto il mare e le barche a vela. Un mondo che mi appartiene da sempre. Poi ho cambiato soggetti e ho dipinto il Crime. Ho ricostruito sulle tele anche i delitti di cui mi sono occupato in questi anni.  Nei giorni scorsi ho inaugurato la Mostra Crime dal titolo “Impronte” alla Galleria di Lucio Maloni a San Benedetto del Tronto. Mentre nelle giornate del 25 e del 26 novembre sarò con la mia esposizione di opere legate al Crime, alla Bottega di Erminia a Petritoli.

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