SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Lucia Marinangeli, dirigente alla Provincia di Fermo, il prossimo anno terminerà il suo terzo mandato come presidente dell’Aido Marche. Da quasi 12 anni porta avanti iniziative volte a informare e sensibilizzare i cittadini, sulla base del principio della solidarietà sociale, sull’importanza del dono e in particolare della donazione degli organi.
Secondo una recente indagine, promossa dal Centro Nazionale Trapianti, è del 55,3% la percentuale degli italiani che ha espresso la propria volontà sulla donazione degli organi per un trapianto. A suo avviso c’è ancora molta reticenza in merito?
L’indagine è uno studio molto importante per il numero delle persone coinvolte e soprattutto perché ha permesso di individuare le maggiori resistenze alla donazione, quali: le false credenze, il desiderio di mantenere l’integrità del corpo anche dopo la morte, alcune credenze religiose e la sfiducia nella scienza e nel sistema sanitario. Il punto cruciale è la differenza tra coma e morte cerebrale e, fin quando non sarà chiara, sarà difficile coinvolgere le persone nel grande progetto culturale della nostra associazione. Infatti, negli incontri nelle scuole ma anche durante gli eventi che organizziamo per coinvolgere tutte le fasce di età della popolazione, facciamo partecipare il coordinatore ospedaliero Trapianti, presente in ogni nosocomio e figura nevralgica di tutto il processo donazione-trapianto, che spiega scientificamente la profonda differenza: dall’accertamento della morte cerebrale non ci si può risvegliare. Agli incontri partecipano inoltre i trapiantati che, con la loro presenza e la loro testimonianza, rendono concreto il concetto di donazione e trapianto e la possibilità di un ritorno ad una vita normale che, per alcune gravi patologie, è possibile solo con il trapianto.
Lei è entrata a far parte di questa realtà che aveva poco più di 30 anni. Suo padre, il professore Ugo, già presidente dell’Associazione italiana per la Donazione di organi, tessuti e cellule, fu determinante in questa sua scelta. Ci può raccontare?
Mi ero già iscritta all’Aido perché in casa sentivo spesso parlare di donazione, solidarietà, altruismo. Poi mio padre mi chiese di aiutarlo come segretaria nel gruppo comunale di San Benedetto del Tronto. Desiderava lasciare la presidenza del gruppo ma, con lungimiranza, voleva che fossero i giovani a proseguirne l’attività. Alle riunioni, oltre agli storici dirigenti, partecipavano anche le nuove leve come Raffaele Travaglini, Valter Bovara, Nadia Tucci, Daniela Lucia Olivieri, Valentina Coretti e Marco Marchionni. Quando si rese conto, da bravo professore e preside, che eravamo pronti a muoverci in autonomia, lasciò la presidenza del gruppo locale a Raffaele Travaglini e propose il mio nome come presidente della Sezione provinciale di Ascoli Piceno all’Assemblea elettiva. Ed ecco che iniziò il mio vero impegno nell’associazione, era il 2003.
Che ricordi ha dei “cento giorni” da sindaco di suo padre, nel 1970, durante i quali, tra le altre difficoltà, dovette far fronte anche alla spaventosa alluvione del 15 ottobre?
Avevo solo 10 anni, ricordo che fu un periodo molto intenso e difficile: numerose riunioni e tanta gente a casa. Sicuramente fu per mio padre un momento molto importante perché poteva contribuire alla crescita e allo sviluppo della sua amatissima San Benedetto, ma dovette affrontare molte delusioni e confronti forti. Di quel periodo ricordava solo le cose che aveva potuto realizzare e quelle che avrebbe voluto realizzare, ma sempre con serenità. Riuscì a raccontare magistralmente quel periodo nella sua pubblicazione “Le Amministrazioni comunali a San Benedetto del Tronto dal 1944 ad oggi” basandosi solo sugli atti deliberativi. La sua Amministrazione “popolare”, così venne definita, cadde perché non fu approvato il bilancio di previsione del 1970, non approvato già dalla precedente Amministrazione, più un “bilancio consuntivo”, come disse qualche consigliere di maggioranza, si era ormai alla fine del 1970. Questi eventi non impedirono a lui e alla sua Giunta comunale di impegnarsi molto quando avvenne l’alluvione del 15 ottobre. Ho un ricordo indelebile di quel pomeriggio, con il cielo che si faceva sempre più scuro e poi la telefonata dei Vigili Municipali che allertavano il sindaco e mio padre che si precipitò in Comune per organizzare i soccorsi. Abbiamo ritrovato, fra le sue cartelle, alcune note inviate agli enti competenti per richiedere finanziamenti per rafforzare gli argini del torrente Albula, che una volta ottenuti, furono realizzati.
Lei ha una sorella e due fratelli. Che adolescenza è stata la sua?
Sono la prima, dopo di me sono nati Benedetto, Anna ed Andrea. Con Benedetto e Anna siamo vicini di età, ma con Andrea mi porto ben 12 anni di differenza. Abbiamo avuto un’adolescenza felice, giocavamo tantissimo con mia madre Isa, avevamo casa sempre piena di amici. Mio padre, anche se era molto impegnato a scuola e in politica, è stato sempre molto presente, dandoci consigli, sostenendoci nei momenti difficili e organizzando feste dove si cantava e ballava. Sinceramente ho apprezzato di più la presenza e la vicinanza dei miei fratelli quando siamo diventati più grandi e non quando eravamo bambini: adesso costituiscono una parte molto importante della mia vita, ci sosteniamo e amiamo stare insieme.