Parla la moglie di Massimiliano Galletti. Donatella Scarponi, comprensibilmente sconvolta, ha raccontato a Il Resto del Carlino i trenta giorni di “buio totale” in cui non aveva più notizie di Massimiliano. “Sapevo solo che mio marito era morto,” dice, “ma dove, come, con chi, dov’era?”.
La conferma ufficiale è arrivata solo dopo una visita in commissariato, dove le è stato spiegato che Massimiliano era deceduto a causa delle gravi lesioni subite dall’esplosione di una granata. Massimiliano era impegnato come “soccorritore paramedico” nelle retrovie e non era un combattente attivo; la sua missione era infatti quella di supportare le operazioni di soccorso, assistendo le unità cinofile nella ricerca di feriti e corpi tra le macerie.
Galletti non era un combattente attivo; il suo ruolo era di “soccorritore paramedico” nelle retrovie, dove supportava le unità cinofile nella ricerca di persone ferite o decedute. “Dunque operava nelle retrovie. Dopo tutto non era un combattente perché non avrebbe saputo neppure usare un fucile da guerra,” ha chiarito Donatella al quotidiano. Nonostante l’assenza dal fronte di combattimento, Massimiliano ha trovato la morte mentre svolgeva il suo compito di aiuto e assistenza.
Donatella ha evidenziato le difficoltà burocratiche che stanno ritardando il rimpatrio del corpo del marito. Anche se il sindaco di San Benedetto, Antonio Spazzafumo, le ha promesso il suo supporto per riportare la salma a casa, la situazione rimane complessa. “In questi casi se la famiglia o lo Stato non provvedono al rimpatrio della persona deceduta in guerra, il corpo viene cremato,” ha spiegato Donatella. Per gestire queste difficoltà, si è affidata all’avvocato Carla Tiboni di Pescara, che è in costante contatto con la Farnesina. In seguito all’intervento del Ministero degli Esteri, è stata disposta un’autopsia sul corpo di Galletti prima del rimpatrio.

Riguardo al periodo di coma trascorso da Massimiliano in Ucraina, Donatella ha confessato di avere dubbi sulla gestione della situazione da parte dell’ospedale: “Mi sembra un po’ tutto nebuloso. Se è vero che è stato un mese ricoverato in coma nell’ospedale di Kiev, perché non ci è stato comunicato nulla?” La mancanza di informazioni da parte delle autorità ucraine ha lasciato la famiglia in uno stato di sconforto e confusione.