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«Non solo padel e parcheggi»: la critica al progetto Ciarrocchi dal coordinamento contro il consumo di suolo

Il coordinamento “Fermiamo il consumo di suolo, rigeneriamo la città” contesta la visione urbanistica del Comune: «Serve una rinaturalizzazione vera»
Pubblicato il 10 Aprile 2025

SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Il progetto per la riqualificazione del campo sportivo “Ciarrocchi” di Porto d’Ascoli, recentemente presentato al Comune e accolto con favore dal sindaco Antonio Spazzafumo, è al centro dell’intervento del coordinamento “Fermiamo il consumo di suolo, rigeneriamo la città”, attraverso le parole di Amilcare Caselli, che solleva dubbi e richieste di maggiore attenzione ambientale, soprattutto in relazione alla vicinanza con la Riserva Naturale della Sentina.

«Torniamo sulla questione del campo Ciarrocchi, e del progetto presentato in Comune che ha ricevuto a quanto pare il primo assenso dal Sindaco. Ci chiediamo se, al contrario della solita equazione parcheggi e campi da padel, quella zona, il quartiere Sentina appunto, non abbia bisogno invece di una rinaturalizzazione possibile, di alberature e percorsi ciclabili in stretta connessione con la Riserva Naturale che comincia proprio lì», scrive Caselli.

Secondo il coordinamento, è necessario ripensare l’area in funzione della sua vocazione naturale: «Il territorio libero, naturale e fruibile da tutta la cittadinanza. È questo concetto di cittadinanza che noi peroriamo, fuori dalle dinamiche privatistiche falsamente economiche, ché generano a media e lunga scadenza solo stress urbano».

L’appello è chiaro: il quartiere Sentina dovrebbe diventare porta d’accesso alla Riserva, anziché essere minacciato da nuove cementificazioni. «Da tempo diciamo che il quartiere Sentina dovrebbe presentarsi come una porta, un accesso alla sua adiacente area protetta ed esserne salvaguardia invece che lasciarla minacciare sempre da più vicino da manufatti, cemento e i soliti parcheggi».

Anche il riferimento al target giovanile del progetto non convince il coordinamento: «I bambini di quella zona e di San Benedetto tutta, di cui si parla nel progetto, invece di essere invogliati al padel o al solito calcio, dovrebbero usufruire della possibilità di percorsi, ciclovie e parchi urbani direttamente collegati alla Zona Protetta adiacente e creare così i futuri cittadini consapevoli e rispettosi dell’ambiente delicato in cui vivono».

Caselli lancia un appello diretto anche a Comitato di Quartiere, associazioni e politica locale: «Come si concilia questa palese espansione di manufatti impermeabilizzanti, e in tutti i modi lontani dalla destinazione di quei luoghi delicati tra terra e mare, con l’esistenza e la sussistenza della Riserva stessa?»

Il testo si conclude con una riflessione più ampia sulla gestione urbanistica della città, e una critica alla mancanza di visione complessiva: «Manca un progetto di indirizzo generale, prova ne sia che il Piano Regolatore, scaduto da oltre vent’anni, è stato dato in mano a dei tecnici universitari esterni: non è così che si costruisce e si fa vivere una Città. Si abbia quindi il coraggio di innovare, per un vero futuro economico, nella rinaturalizzazione “vera” e possibile, nella “vera rigenerazione”, per una San Benedetto moderna e all’avanguardia, invece che legarla sempre più a stilemi di mezzo secolo fa».