“Terremoto e coronavirus. Sono sempre le chiese quelle più penalizzate, perché?”. Se lo chiedono alcuni cittadini che hanno inviato una lettera avanzando numerosi dubbi sulla decisione della Diocesi di fermare le celebrazioni eucaristiche lungo il territorio. “Tutti – spiegano nella missiva – hanno ormai capito che non ci troviamo di fronte alla peste bubbonica e allora perché ordinare lo stop delle Messe quando il documento della Regione non lo ordinava affatto?. Centri commerciali, piscine, palestre, uffici e altri luoghi affollati sono rimasti aperti mentre dalla Diocesi sono arrivati provvedimenti che sembrano di stati dittatoriali di altri tempi”.
“Svuotare le acquasantiere – continuano – sospendere le benedizioni pasquali nelle case, cancellare i riti pubblici della Quaresima a partire dal Mercoledì delle ceneri, obbligare i fedeli a prendere la comunione sulla mano, sono tutti provvedimenti che vanno in una sola direzione: abolire il culto e la fede cattolica”. Nella lettera viene citato don Prosper Gueranger, abate di Solesmes che metteva in guardia, due secoli fa, sui rischi “demoniaci” della cessazione delle Messe.
“Ora – continua la lettera – noi vediamo sotto i nostri occhi realizzata dappertutto e con i pretesti più vari, proprio questa azione di impedimento alla celebrazione della Santa Messa. Ieri abbiamo visto il terremoto (solo le chiese non riaprivano), oggi abbiamo visto quello del Coronavirus, ma non pochi giorni fa abbiamo visto sui giornali quello più comune, utilizzato nell’occasione dal vescovo di Ascoli, che è il pretesto della mancanza dei fedeli. Ecco dunque la “strategia”: il parroco, lamentando la scarsa partecipazione alle funzioni, conclude che le Messe sono troppe e che è il caso di celebrarne una sola al giorno. Nel caso in cui ci fossero nelle parrocchie dei fedeli che resistono, li si destabilizza con improvvise, quanto lunghe assenze del parroco, al posto del quale si avvicendano vari laici, celebrando una para-liturgia (la liturgia della parola) che non è la Santa Messa. I fedeli cattolici, inevitabilmente, non partecipano più e così la chiesa viene chiusa ed accorpata ad un’altra parrocchia, formando così una ”unità pastorale”, cioè due parrocchie seguite da un parroco solo. E così via…”.
“Perché – si chiedono – destabilizzare in questo modo i fedeli, disabituarli a partecipare alla Messa? Per chiudere le chiese invocando la mancanza di fedeli?. Ai fedeli cattolici, diciamo di resistere e non lasciarsi scandalizzare dal comportamento di alcuni pastori a cui evidentemente non importa delle pecore: rimanete nelle parrocchie, frequentate la Messa quotidiana e recitate il Rosario. Solo così gli impediremo di chiudere le chiese”.