di Emidio Lattanzi
Nel panorama teatrale italiano, poche interpreti possiedono la gravitas e la maestria di Lunetta Savino. La sua recente incarnazione di Anna ne “La Madre” di Florian Zeller, portata in scena, grazie all’Amat, al Teatro Concordia di San Benedetto del Tronto venerdì e sabato, ha ulteriormente consolidato la sua posizione di primadonna del palcoscenico.
La Savino ha saputo infondere nel personaggio una profondità psicologica straordinaria, esplorando le sfumature di un amore materno che, travalicando i confini della devozione, sconfina in un’ossessione patologica. La sua interpretazione ha reso tangibile la discesa di Anna in un labyrinthos emotivo, dove la linea tra realtà e illusione si dissolve in un inquietante gioco di specchi.
Accanto a lei, Andrea Renzi ha offerto una performance raffinata nel ruolo del marito distante, mentre Niccolò Ferrero ha incarnato con autenticità il figlio la cui emancipazione innesca il dramma interiore della protagonista. Chiarastella Sorrentino, nel ruolo della giovane donna, ha rappresentato con efficacia il catalizzatore delle insicurezze di Anna. Tuttavia, è indubbio che l’intera messa in scena gravitasse attorno alla Savino, la cui vis interpretativa ha elevato lo spettacolo a livelli di eccellenza.
La regia di Marcello Cotugno ha saputo orchestrare con perizia gli elementi scenici, creando un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà, in cui lo spettatore è stato invitato a esplorare le profondità dell’animo umano. E’ stato un viaggio nella mente, nel cuore, nell’intimità. Le scene essenziali e i giochi di luce hanno contribuito a delineare un ambiente intimo e al contempo universale, in cui le emozioni dei personaggi risuonavano con forza.