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Il rogo del Ballarin e quell’orribile estate dell’81

Pubblicato il 6 Giugno 2014

di Luigi Tommolini

San Benedetto del Tronto, domenica 7 giugno 1981; nella Curva Sud dello Stadio Fratelli Ballarin divampa un incendio mentre sta per iniziare l’incontro di calcio Sambenedettese – Matera che sancirà la promozione in serie B della squadra marchigiana. In un clima di grande festa, circa 7 quintali di carta bruciano sotto 3500 persone che, per diversi minuti rimangono intrappolate sui gradoni della Curva Sud.

Il panico è totale: le chiavi delle porte delle uscite di sicurezza non si trovano, gli idranti non funzionano!!! Si rimane impotenti davanti al crescere delle fiamme divenute sempre più alte e minacciose; molti fuggono alla disperata investendo altri che cadono rovinosamente a terra prede del fuoco che avanza impetuoso alimentato anche da un vento malefico (vento e fuoco).

Dove non c’è il fuoco si forma la calca e molte persone vengono spinte violentemente contro le reti di recinzione e il loro terrore è che queste reti, soprattutto quelle laterali nella parte più alta della curva, possano crollare e farli precipitare nel vuoto. Fortunatamente non mancano gesti nobili ed eroici come quello del Signor Luciano Bovara che, rischiando la propria vita, salva dalle fiamme un bambino di 10 anni. Questo accade mentre in campo, tutti, dai giocatori delle due squadre alla terna arbitrale e a chi si trova sul manto erboso, cercano impotenti di fare qualcosa. Purtroppo, però, molti saranno i feriti e quelli più gravi, verranno trasferiti il giorno dopo nei centri ustioni specializzati d’Italia, a Roma, Cesena, Brindisi, Padova e Parma. Dopo giorni di atroci sofferenze perderanno la vita Maria Teresa Napoleoni di 23 anni, segretaria presso una ditta calzaturiera e Carla Bisirri di 21 anni che da poco aveva iniziato l’attività in proprio di parrucchiera.

Entrambe avevano riportato ustioni del 1°,2° e 3° grado su più del 70% del loro corpo. Maria Teresa era caduta tra le fiamme e si era rialzata nel disperato tentativo di fuga per poi, in un gesto istintivo, strapparsi gli abiti di dosso ma, sfortunatamente, ricadere a terra una seconda volta sul rogo sui gradoni di cemento in prossimità del maledetto sottopassaggio dell’entrata est della Curva Sud. Carletta, così veniva chiamata amichevolmente Carla, già molto giovane aveva lavorato per diversi anni dalla parrucchiera di mia madre a Martinsicuro; ero un fanciullo e ogni volta che mi vedeva mi riempiva di coccole. Viste le premesse il rogo del Ballarin può essere considerato una tragedia quasi annunciata. Di sicuro è stato troppo e spesso dimenticato; e sono state dimenticate IN TUTTI I SENSI le vittime, i loro familiari e i sopravvissuti alcuni dei quali, ancora oggi dopo quasi trent’anni, devono sottoporsi a piccoli interventi di chirurgia plastica.

Quel 7 giugno 1981 avevo poco più di 12 anni e mezzo ed ero tra i 3500 della Curva Sud: io e la mia famiglia (c’erano tutti quel giorno allo stadio) arrivammo poco dopo le 15 (quasi due ore prima dell’inizio della gara). La Curva Sud era già gremitissima. In tutte le maniere, facendoci spazio tra la gente, riuscimmo a salire i gradoni fino a quando non trovammo posto nella parte più alta ed esterna, verso la tribuna coperta, proprio attaccati alla rete di recinzione. Con me avevo un cappellino rossoblu con una “B” rossa sul davanti e la bandiera della Samb con due “B” rosse, una più grande al centro, sullo scudetto e l’altra più piccola lateralmente sopra il blu della bandiera. Durante il rogo fummo violentemente spinti e schiacciati verso la rete dalla moltitudine di persone che fuggivano dalle fiamme e rischiammo di precipitare nel vuoto da un’altezza di circa 10 metri. Ci fu un attimo che guardai in basso e vidi, attraverso la “BEATA” rete proprio “a piombo” sotto di me la tettoia dell’entrata sud della Tribuna Coperta.

Fu un miracolo se in quei lunghi e tragici minuti la rete di recinzione non crollò sotto il nostro peso… Ho conservato la bandiera rossoblu che sventolavo quel giorno: in quei tragici momenti s’impigliò alla rete di recinzione strappandosi proprio nel suo cuore; un ricordo di quei lunghi e terribili minuti e la consapevolezza che, almeno per noi, andò bene… Così iniziava il 7 giugno 1981 l’estate “nera” di San Benedetto del Tronto dove, appena tre giorni dopo, il 10 giugno, verrà rapito Roberto Peci, fratello di Patrizio il “Super pentito” delle Brigate Rosse. Dopo 55 giorni di prigionia, il 3 agosto a Roma, Roberto verrà barbaramente ucciso.

Abbiamo pubblicato con piacere il ricordo di Luigi Tommolini, uno dei più appassionati “custodi” della storia della Sambenedettese Calcio. Si ringrazia per l’eloquente fotografia pubblicata a corredo lo studio fotografico Sgattoni
La Redazione

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