SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Si torna in mare. Domani notte le barche del porto di San Benedetto torneranno a pescare. Le novità positive sono fondamentalmente due: si rientra in un porto dragato e più sicuro. E senza l’incubo del caro gasolio che ha viziato fortemente le utlime due riprese post-fermo. Ma i problemi non mancano comunque.
«Ci hanno abbandonati». Lo afferma a chiare lettere Giuseppe Pallesca, uno degli storici operatori marittimi del porto di San Benedetto del Tronto. La situazione legata al fermo biologico, che terminerà nella notte tra il domenica e lunedì e non è terminato a metà mese come i marittimi avrebbero auspicato, è una delle principali fonti di malcontento quest’anno.
Il dispositivo diffuso dal Ministero dell’Agricoltura prevede 45 giorni di stop, che però non sono tutti coperti economicamente dai contributi agli armatori, e come sottolineano gli addetti ai lavori, neppure per quanto riguarda la cassa integrazione per gli imbarcati.
«Quarantacinque giorni di lavoro persi e i marinai percepiranno al netto di tutto nemmeno 800 euro». Questo il grido d’allarme di Pietro Ricci, altro marittimo sambenedettese impegnato da anni nella tutela della categoria, che oggi lamenta una situazione di difficile comprensione per chi vive di pesca.
«Hanno voluto aggiungere quei 15 giorni obbligatori in più, quando è evidente che ai fini della crescita della risorsa ittica e del ripopolamento non cambia assolutamente niente. Due settimane che non spostano di una virgola quello che troveremo in mare quando torneremo». A dargli ragione è anche l’armatore Pietro Merlini: «Nessuno ha la sfera di cristallo, ma mi sento di dire che quando si tornerà in mare faremo come sempre, troveremo più pesce sotto costa e tenderemo poi ad allargarci in base a come andranno le attività nel corso dei primi giorni».
In effetti, è ormai una prassi pescare più a ridosso della costa subito dopo lo stop alle attività, dal momento che i primi benefici si notano sul cosiddetto pesce di terra, per poi allontanarsi progressivamente sempre più verso il largo anche se a detta dei più esperti il ripopolamento che dovrebbe essere conseguente al fermo biologico non è tutt’altro che rilevante. Ma al di là di queste dinamiche di pesca, al centro delle problematiche ci sono le risorse economiche.
«Ci hanno abbandonati, non c’è nessun’altra frase che possa descrivere questa situazione», continua Pallesca. «Gli armatori hanno percepito il contributo per il fermo fino al 2021. Dopodiché più nulla. 2022 e 2023 devono ancora arrivare e parliamo di cifre con le quali io, ad esempio, non riesco a pagare neppure i contributi». A questa situazione si aggiunge quella dei marittimi, che nella maggior parte dei casi hanno preso anche la cassa integrazione del 2022, anche se ora manca all’appello quella dello scorso anno.
«Parliamo di soldi che oltre a non essere sufficienti nessuno sa quando arriveranno», incalza Pietro Merlini. «I marinai torneranno a lavorare alla fine del mese di settembre e in teoria prenderanno le prime paghe trenta giorni dopo, a fine ottobre. Dopo essere stati fermi per un mese e mezzo, è concepibile una situazione del genere? È logico che saremo noi a dover anticipare quel denaro, ma anche noi abbiamo le nostre difficoltà legate a questa situazione e non soltanto a questa».
Sembrano invece lontani — e questa forse è l’unica nota positiva — i tempi del caro gasolio. Il prezzo del carburante, alla fine dell’attività di pesca prima del fermo biologico, era rientrato più o meno nei ranghi della normalità. «Per fortuna i livelli sono scesi e tornati più o meno ai livelli esistenti prima degli assurdi rialzi» chiosa Merlini.