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Di fronte alla Sentina c’è il relitto di una nave borbonica

La storia della Torquato Tasso, pirofregata affondata nel 1860 davanti alla costa sambenedettese
Pubblicato il 29 Giugno 2018

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – C’è un tesoro in fondo al mare, a pochi metri dalla foce del Tronto. Una nave lunga sessanta metri affondata a pochi passi dalla spiaggia della Sentina che, all’insaputa di quasi tutti, custodisce, da più di un secolo e mezzo, il relitto di una pirofregata di epoca borbonica affondata, a causa del maltempo, nel lontano 1860 proprio di fronte alla costa sambenedettese.

Una storia che pochi conoscono in Riviera e della quale, fino a qualche anno fa, si aveva notizia soltanto attraverso le pagine dei libri di storia ma che ora ha le sue prove concrete. Le immagini scattate da una fotocamera subacquea proprio a ridosso della foce del Tronto che ritraggono quel che resta della pirofregata a ruote costruita nel 1856 e affondata, a causa di un violento temporale e (stando alle cronache dell’epoca) all’imperizia del comandante quattro anni più tardi, nel febbraio 1860.

Sotto la superficie dell’acqua, a circa una decina di metri di profondità c’è il relitto ed ora ci sono anche le foto che immortalano la situazione relativa a quello che è rimasto di una nave utilizzata per il trasporto di alcuni lavoratori, saccheggiato subito dopo il naufragio da alcuni abitanti del luogo e poi, nella prima metà del Novecento, ulteriormente depredato del rame che ricopriva la chiglia. Poi abbandonata a sé stessa e lasciata, per decenni, in fondo al mare a due passi dalla spiaggia e dalla foce del fiume che segna il confine tra marche e Abruzzo. Non risultano vittime in quel naufragio dal momento che l’eccessiva vicinanza con la terraferma dovrebbe aver consentito a tutti di mettersi in salvo.

«Le cronache dell’epoca – spiega Luigi Anelli, che ha rintracciato tutta la documentazione relativa alla storia e alle vicende che hanno portato al naufragio di quell’imbarcazione – raccontano come il comandante della nave, Napoleone Scrugli da Tropea che decise, con il maltempo, di mantenere la nave sottocosta quando è invece cosa risaputa che con un fortunale occorre navigare lontano dalla riva». Era il 10 febbraio 1860, la nave si incagliò. L’equpaggio riuscì a salvarsi ma malgrado un primo intervento di alleggerimento la Torquato Tasso alcuni giorni dopo finì per affondare definitivamente».

Gli anni sono passati e la barca, tra i saccheggi vari e l’azione dell’acqua dolce proveniente dal fiume che ha logorato lo scafo di legno, anche in virtù del rame asportato, si è trasformata in uno spettrale relitto che custodisce però importanti testimonianze della tecnologia dell’epoca. «In fondo al mare – spiega Anelli – deve esserci ancora il motore di spinta, un vero e proprio gioiello di tecnologia per quegli anni. Si tratta di un motore frutto dell’ingegneria inglese realizzato a Portici che rappresenterebbe un pezzo da museo». Per la verità la Torquato Tasso, o meglio una parte di essa, è già in un museo. Nel naufragio del 1860 fu infatti salvata la polena, vale a dire la decorazione lignea che si trovava sulla prua della nave. Il pezzo fregiato si trova a Milano, all’interno del Museo Nazionale della Tecnica e della Scienza. La strada che abbia fatto per arrivare fino alle sale del museo dopo il naufragio avvenuto un secolo e mezzo fa di fronte alla spiaggia della Sentina è tutt’ora avvolto dal mistero.

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