di Massimo Falcioni
SAN BENEDETTO DEL TRONTO. “Nessuno considera mai la sofferenza silenziosa che c’è in questa città”. Lo dice con evidente sconforto Sandro Tentella, portavoce delle famiglie dei ragazzi disabili di San Benedetto. Uno sfogo figlio della situazione che sta vivendo il centro Biancazzurro, con i genitori degli utenti che spingono da mesi per arrivare all’aumento dei posti nella struttura.
“La Regione dovrebbe concederci 53 posti, ma ce ne sono solo 10 che sono quelli che ci sono da vent’anni e che sono occupati. E’ da tanto tempo che chiediamo di arrivare almeno a 20, dato che la lista di attesa ammonta a 22-24 persone. Il Biancazzurro è un luogo dove le persone stanno 24 ore su 24 e da parte delle istituzioni troviamo solo tanta indifferenza, ad ogni livello. Non è una questione partitica, abbiamo contattato tutti. E’ una questione di civiltà, non ci si può girare dall’altra parte”.
Tentella spiega di aver chiesto aiuto a qualsiasi carica, di qualunque livello: “La Regione fa orecchie da mercante, la dottoressa Natalini ha cancellato l’appuntamento che ci aveva promesso, il sindaco Spazzafumo ci ha ascoltato senza però ottenere più risposte. Ho mandato una lettera a tutti i sindaci del territorio, cercando di fare pressione sul presidente della conferenza Matricardi. Ci hanno risposto i primi cittadini di Offida e Grottammare. Come si può non essere sensibili su questo aspetto? Si spendono soldi su cose non importanti. Sapete cosa vuol dire non poter uscire di casa 365 giorni l’anno e non avere un giorno per potersi muovere? Se nessuno farà qualcosa, sentirete parlare di noi. Organizzeremo un grande flash mob”.
Ad illustrare lo scenario drammatico delle famiglie ci pensa anche Antonella Vagnozzi: “Ho un figlio disabile di 25 anni e sono completamente sola. Ho dovuto occuparmi anche di mio padre e mia madre e sono stremata. Mi hanno detto che c’è un posto solo. Questa è una guerra tra poveri, una cosa indegna. Parliamo di persone che da anni lottano con la disabilità in casa. Io non posso andare a mangiare una pizza, non posso fare niente”. Un racconto simile a quello di Franca Esposito, che è stata addirittura costretta a collocare il figlio disabile di 51 anni presso una Rsa per anziani: “Si trova assieme a persone di 80-90 anni e questo mi crea un’immensa rabbia. Non so più a chi rivolgermi. Da anni ci battiamo per avere una struttura dignitosa. Avendo un’età elevata, io e mio marito non siamo più in grado di gestirlo, né fisicamente, né mentalmente. Non potete immaginare quali siano state le nostre rinunce”.