Il documento più antico riguardante il Carnevale sambenedettese risale al 1828. E’ quanto accertato all’interno dell’Archivio Storico Comunale dal responsabile Giuseppe Merlini che ha trovato, negli archivi, l’elenco dei “banchi” riservati ad alcune famiglie sambenedettesi per assistere, a pagamento, al “Teatrino de Dilettanti pel Carnevale” messo in scena dai “signori recitanti, orghestra
e li due suggeritori”.
Parliamo di anni in cui la maggior parte della vita sambenedettese si svolgeva al Paese Alto. Il teatrino in questione era stato allestito all’interno di una stanza che si trovava nella prima sede comunale che all’epoca si trovava ancora nello stabile che avrebbe poi ospitato le scuole “Castello”.
“Le disposizioni relative ai divertimenti vari connessi al Carnevale, come le corse, le feste e i veglioni – spiega Merlini – erano impartite dal “Ministero dell’Interno e di Polizia di Santa Romana Chiesa”. Il Carnevale della seconda metà dell’Ottocento prevedeva l’uso degli abiti da maschera – esclusi quelli da religioso e da ecclesiastico, qualsiasi uniforme o distintivo militare – ma era assolutamente vietato coprire il viso con maschere, barbe finte o tinture sia di giorno sia di notte. Sia in pubblico che in privato”.
Certo è che negli anni a venire, il Carnevale così come buona parte del resto delle attività sociali della cittadina, si spostarono nella parte bassa. I veglioni traslocarono nel nuovo Teatro Concordia. “L’élite dell’epoca, che di certo non rinunciava alle feste da ballo in occasione del Carnevale – continua il responsabile dell’Archivio Storico – si autotassava attraverso sottoscrizioni e – pagate tutte le spese vive relative ad illuminazione, servizio di facchinaggio, vetture, orchestra ed altro – devolveva il restante per le “elemosine”.
Dal 1877 il “Circolo Unione”, nato proprio in quell’anno come comitato permanente di beneficenza per soccorso ai naufragi, organizzava annualmente un corso mascherato la domenica di carnevale con l’arrivo alla stazione ferroviaria di “Re Carnevale” (pupazzo in cartapesta), con lo sparo dei mortai, il suono del campanone e della banda cittadina. “Il corso Umberto I e la piazza del Municipio (oggi Corso Mazzini e piazza Battisti) si animavano anche per assistere alla corsa di fantini con consegna del palio al vincitore”.
La Rinascita
Dopodiché si assiste ad un “buco” storico di notizie relative al Carnevale. “Le informazioni della prima metà del novecento sono stranamente poche e frammentarie. Solamente nel 1951, per iniziativa di alcuni cittadini, capeggiati da Placido Papetti, il Carnevale sambenedettese ebbe una ripresa promettente, a significare che precedentemente c’era stato un appiattimento se non un arresto”.
Il giovedì grasso del 1951 e la successiva domenica pomeriggio sfilarono per le vie del centro cittadino, con un momento clou lungo Corso Mazzini, alcuni carri, tra cui i celebri “La ufa de la rocca” e
“Vulcania”. “L’Azienda di Soggiorno, che in base a un regio decreto del 1927 doveva incoraggiare, anche mediante contributi, quelle iniziative che avessero avuto riflessi sull’incremento della Stazione di Cura e sul movimento dei forestieri – costituì uno specifico comitato per l’organizzazione del Carnevale per gli anni successivi”.
Se l’edizione del 1951 è in qualche modo l’anno zero, il “Primo Carnevale Sambenedettese” ufficiale del dopoguerra si tenne nel 1952 con un ricco programma di manifestazioni in cartellone e ricchi premi per i carri allegorici. L’Azienda di Soggiorno, in quell’anno, così come facevano le Aziende analoghe di altri centri come Viareggio, Fano, Rimini, intervenne economicamente. “In questa edizione – spiega il dottor Merlini – oltre al gruppo mascherato “I ranocchi”, sfilarono i seguenti carri: “L’altalena”, “Il Treno” (allestito dal dopolavoro ferroviario), “Il Sottomarino”, “Nerone e Poppea” (dei ragazzi del liceo scientifico “B.Rosetti”), “Nettuno” (da Castorano), “Cachiccia” (da Ripatransone), “I Cigni” (dell’allora quartiere Porto d’Ascoli)”.
A scuola di Carnevale
Nel novembre del 1952 l’Azienda di Soggiorno organizzava addirittura una scuola serale gratuita per l’insegnamento della lavorazione delle figure allegoriche in cartapesta, avvalendosi della collaborazione degli artisti locali Andreoli, Marchegiani e Ortenzi.
I carri di Carnevale, a San Benedetto, sono stati un vero e proprio rito fino al 1959. Dopo quell’anno la sfilata ebbe un arresto ad eccezione, come spiega Merlini, del 1971. Le sfilate sono poi riprese sul finire degli anni ’80.
Il resto è storia contemporanea con gli anni Duemila che hanno visto alternarsi anni di sfilate a lunghi anni privi di carri di Carnevale soprattutto a causa dell’assenza di luoghi idonei a realizzare le creazioni.