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Ballarin, Gabrielli a Torino per studiare il Filadelfia. “Occorre un investimento da tre milioni”

Il presidente del consiglio comunale ospite del presidente della Fondazione che porta il nome del vecchio stadio piemontese
Pubblicato il 2 Marzo 2017





SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Per il Ballarin il Comune studia l’esempio Filadelfia. Il presidente del consiglio comunale Bruno Gabrielli ha visitato, nei giorni scorsi, il novo stadio torinese che ha al suo interno anche un padiglione dedicato ai fratelli Ballarin. Uno stadio tutto nuovo che nasce dalle ceneri dell’impianto nato nel 1926 dove giocò il grande Torino.

Gabrielli è stato accompagnato in questa visita dal presidente della Fondazione Filadelfia Cesare Salvadori. La realtà nasce dalla volontà di tifosi e amanti della maglia granata che hanno voluto ricreare uno stadio dalle ceneri del vecchio impianto. Un impianto da 4mila spettatori, due campi in erba, costato 8 milioni di euro, che sarà gestito dal Torino Calcio e destinato alla Primavera del Torino e agli allenamenti della prima squadra. Una sorta di cittadella dello sport che sorge nel cuore della città e va ad affiancarsi allo stadio Olimpico Grande Torino.

Molti tifosi hanno potuto comprarsi anche delle poltroncine, con una donazione di mille euro di cui potranno godere del diritto di superficie per 99 anni.

E’ all’esperienza torinese che San Benedetto guarda con ammirazione sperando di poter ripercorrere gli stessi passi, da qui la creazione del Comitato Fondazione Ballarin che lo scorso anno ha dato seguito alla consultazione popolare per la scelta del progetto da realizzare per la riqualificazione del Ballarin. Si vorrebbe ripetere la stessa esperienza della Fondazione torinese mettendo insieme tifoseria, Comune, Regione e privati e poter finanziare il restyling con recupero dell’ex impianto sportivo.

“Per noi il Ballarin rimane una priorità – ha spiegato Gabrielli – sono andato a Torino nella doppia veste di presidente del Consiglio e del Comitato Fondazione Ballarin per carpire qualche dritta dall’esperienza torinese. Noi dovremmo muoverci attraverso un project financing o un piano pubblico privato. Occorrerà un investimento di almeno 3 milioni”.