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La donna vista dal “regista” Caravaggio, a Ripatransone una serata tra pittura e cinema

Nel chiostro del Museo Vescovile di Ripatransone, Paolo Montanari ha svolto una lectio su "Le donne nella pittura di Caravaggio"
Pubblicato il 28 Luglio 2024

Il ruolo della donna nella pittura è stato sempre determinante ed ha segnato tappe significative nella storia dell’arte e del cinema. Paolo Montanari, giornalista, autore e critico d’arte, ha intrapreso una serie di conferenze sul rapporto fra pittura e cinema, evidenziando il ruolo della donna nella pittura di Caravaggio, che fu il primo regista nella storia del cinema e poi, con la collaborazione del regista Federico Ciceroni, sull’evoluzione del ruolo della donna nel cinema.




Nel chiostro del Museo Vescovile di Ripatransone, Paolo Montanari ha svolto una lectio su “Le donne nella pittura di Caravaggio”, accompagnato dalle letture di poetesse del 1500 da parte di Mascia Lanciotti. L’evento culturale è stato organizzato da Pelasgo 968 di Grottammare, il Rotary Club Hatriaticum Piceno di Roseto e i Musei Sistini del Piceno.

La città di Roma, a cavallo tra XVI e XVII secolo, era una metropoli ricca e popolosa, abitata da cardinali facoltosi e potenti, nobili, uomini d’affari, ma anche da una variegata moltitudine di popolani, tra cui artigiani, bottegai, mendicanti e tanta gentaglia. Luci ed ombre di una grande città che, accanto ai palazzi e quartieri lussuosi e ai monumenti medievali e rinascimentali, presentava strade sporche e strette, in particolare Campo Marzio, in cui visse il più grande e rivoluzionario pittore di tutti i tempi: Michelangelo Merisi da Caravaggio, lombardo di nascita, ma che dovette a Roma la sua maturità artistica e l’esilio forzato per avere ucciso nel 1606 Ranuccio Tomassoni. Il carattere difficile del Caravaggio, ribelle, rissoso, anticonformista è alla base del suo naturalismo. Caravaggio portò a Roma un nuovo linguaggio figurativo improntato al naturalismo. Caravaggio è figlio della Controriforma, ma in lui le scene sacre di personaggi apparentemente miseri e sciatti, che agivano in ambienti spogli e bui e di figure femminili troppo carnali, aprono ad un tentativo snaturato del linguaggio teologico. E questo portò allo scontro con la chiesa conservatrice dell’epoca. In Caravaggio, seguendo anche la lezione di Leonardo da Vinci, forte era l’impulso di imitare dal vero. Il periodo romano del Merisi ha permesso di sviluppare sperimentazioni e citazioni pittoriche da Raffaello e Michelangelo. Dunque, il Caravaggio pittore divisivo, fra conservatori e tradizionalisti e i popolari. Le sue tele d’altare, spesso rifiutate dagli ordini religiosi, erano popolate di apostoli dall’aspetto umile e dimesso, spettinati e con i piedi sporchi. Sante e Madonne il cui aspetto ricordava alcune famose prostitute di Roma, che l’artista frequentava nella sua vita privata.

Le donne di Caravaggio a Roma

La prostituzione era ampiamente tollerata dalla chiesa romana, ed è comprensibile anche il perché. Era sufficiente che le prostitute si attenessero a poche regole di decenza, come frequentare le messe “deputate apposta” nelle chiese di San Rocco e di Sant’Ambrogio, e astenersi dal piacere della carne il venerdì, il sabato e nei giorni di festa. La genialità del Caravaggio è che le donne prostitute immortalate nei suoi quadri con una sacralità laica sono divenute eterne. Citiamo le tre più famose prostitute: Anna Bianchini, detta Annina o Annuccia la Rossa, che viene raffigurata in Maria, nel Riposo durante la fuga in Egitto, la Maddalena e la Morte della Vergine oggi al Louvre, l’opera più rivoluzionaria della storia dell’arte. Infatti, per la prima volta, la Madonna è una popolana morta, incinta e ripresa all’atto del suo rinvenimento.
La seconda prostituta immortalata da Caravaggio è Fillide Melandroni, donna bellissima e procace. La ritroviamo in Santa Caterina d’Alessandria e nel famoso ritratto di Giuditta e Oloferne e, insieme ad Annina, nel dipinto Marta e Maria.
Infine, la terza prostituta Maddalena Antognetti, la bella Lena, che possiamo ammirare in tre pale d’altare: la Madonna dei Pellegrini, la Madonna dei Palafrenieri e forse la Madonna in Estasi.

Vi è poi una quarta prostituta, Domenica Calvi detta Menicuccia, che però la critica ufficiale non ha identificato nei quadri di Caravaggio.

L’evoluzione del ruolo della donna nel cinema: da Marlene Dietrich a Frances McDormand

Se Caravaggio è il primo sperimentatore delle luci e delle ombre, legge per la Settima Arte, si pensi alla Vocazione di San Matteo in San Luigi dei Francesi a Roma, ma anche nei suoi celebri ritratti femminili. Gli incontri sul rapporto luce, donna e cinema proseguiranno in autunno a Pesaro e Cattolica sul ruolo della donna nel cinema, che è sempre in continua evoluzione.

La settima arte non ha sempre conferito ai ruoli femminili la giusta identità. Paolo Montanari, giornalista e critico, e Federico Ciceroni, regista, renderanno omaggio alla figura della donna, con importanti selezioni filmiche e ripercorreranno l’evoluzione del ruolo della donna nel cinema, attraverso interpretazioni coraggiose che sono riuscite a cambiare la percezione del mondo femminile nella società. Abbiamo visto la centralità della donna nella pittura del Caravaggio; nel cinema il suo personaggio era inesorabilmente legato e intrecciato a quello dell’uomo e quindi vincolato. Ma il cinema ha sempre superato questi steccati convenzionali, si pensi ad Aurora di Murnau, fino ad arrivare al divismo di femme fatale di Marlene Dietrich in Angelo Azzurro.

Durante il periodo fascista la donna ritorna al suo ruolo tradizionale e in America, con Via col Vento, la protagonista è Scarlett O’Hara, o Rossella, nella versione italiana, una donna che non è dark lady, non è una femme fatale e diviene anti eroina. Bisognerà aspettare Viale del Tramonto con Gloria Swanson, che chiude il ciclo del cinema muto, di un personaggio fuori da ogni tempo e che declinava verso la fine del sogno americano. E vengono fuori nuove grandi interpreti come Anna Magnani, Joan Crawford, Sophia Loren e Marilyn Monroe.

Personalità diverse fra loro che rompono, nel caso di Anna Magnani, con i canoni della bellezza esplicitati dalle produzioni o dalle mode del tempo. Gli anni ’50 sono stati percorsi da un vero e proprio ribaltamento del gusto estetico, aderente a simboli femminili, figli di concorsi di bellezza e il concetto femminile torna nel suo ruolo esibizionista, ipersessuale, erotico. Parallelamente, si fa strada nel cinema la figura della prostituta, felliniana in Le Notti di Cabiria, con Giulietta Masina, in cui la figura popolare viene travolta da un realismo devozionale, unico momento di sincerità del personaggio. Ma troviamo prostitute come nella Grande Guerra con Silvana Mangano, Mamma Roma con Anna Magnani, Sophia Loren in Matrimonio all’italiana e Catherine Deneuve in Bella di giorno. Ed è proprio il regista spagnolo Louis Buñuel che con Viridiana raggiunge l’apice dell’erotismo caravaggesco in un processo morale anticonformista. Ma bisognerà aspettare Lolita di Kubrick per raggiungere quel ribaltamento del ruolo femminile, in cui il divismo del corpo attraversa un’età precoce e acerba della femminilità. La settima arte va avanti tra momenti alti e di crisi, ma l’insegnamento pittorico di Caravaggio rimane come messaggio primario ed eterno.

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