di Fernando Ciarrocchi
La salubrità dell’ambiente, la salvaguardia del Pianeta Terra, della nostra Casa Comune da sempre è un tema annoverato tra le priorità assolute per la sopravvivenza della specie umana.
A voler andare indietro nella storia l’amore per il Creato e per tutte le sue creature ha la massima espressione in colui che è stato l’autore de “Il Cantico delle creature” la stupenda preghiera in volgare di San Francesco D’Assisi che eleva la bellissima lode a Dio per aver donato agli uomini tutto il Creato.
Con la bolla “Inter sanctos” del 29 novembre 1979 Papa San Giovanni Paolo II proclamava San Francesco Patrono dell’ecologia.
Non caso il Poverello d’Assisi è considerato il primo ecologista in assoluto: l’antesignano per antonomasia.
Monteprandone ha il privilegio della storia di aver dato i natali al francescano San Giacomo della Marca nella terza domenica del mese di settembre del 1393 e deceduto a Napoli il 28 novembre 1476 anch’egli attento custode del Creato.
Le molteplici agiografie che narrano la longeva esistenza terrena del francescano monteprandonese citano numerosi episodi che lo hanno visto protagonista.
Domenico Gangale, nome di battesimo, nato in una famiglia numerosa e proprietaria di alcuni terreni con greggi di pecore e maiali, per aiutare la sua famiglia fin dall’età di 7 anni era dedito ad attività bucoliche quali la custodia delle greggi e il loro pascolo. Era sempre immerso nella natura tra prati e boschi.
Si narra che in uno di questi giorni, correva l’anno 1400, mentre era dedito al pascolo del suo bestiame, Domenico lungo il suo cammino sul terreno inavvertitamente urtò una ghianda che non esitò ad interrare.
Il racconto continua narrando che l’indomani nello stesso posto non nacque una sola quercia ma bensì un querceto definito poi il querceto di San Giacomo perché fu proprio il santo a volere questo immenso polmone verde, di circa 400 querce che circondava l’antica area conventuale.
Una meraviglia della natura che per moltissimi anni ha garantito il sostentamento della locale comunità: basti pensare al periodo della potatura in cui il legname ricavato veniva usato per cucinare e riscaldare le abitazioni nel periodo invernale, senza dimenticare che le ghiande, frutto delle querce, era il ghiotto alimento per alcuni animali tra cui maiali allevati da molte famiglie di quel periodo.
Il querceto di San Giacomo, dunque, oltre a significare una ricchezza per le famiglie monteprandonesi dell’epoca quale polmone verde ha garantito inoltre la salubrità dell’ambiente circostante.
Lo straordinario polmone verde monteprandonese terminò di vivere quando nel 1861, ad Unità d’Italia avvenuta, le aride e disumane dinamiche del progresso volte a guadagni impensabili, decretarono il taglio delle meravigliose querce secolari, volute da San Giacomo della Marca, per realizzare le traverse della tratta ferroviaria che interessò anche la stazione di Centobuchi.
Sarà stato un caso, comunque è storia, delle quattrocento querce tagliate ne è rimasta solo una a riprova dell’esistenza dello stupendo querceto.
È rimasta proprio quella che fu chiamata la Quercia di San Giacomo fino a quando nel 1973 l’imponente pianta, con più di quattro secoli di vita, perse la sua rigogliosa chioma a causa un fulmine violento.
La testimonianza della natura prodigiosa dell’unica quercia rimasta la si ha due anni dopo, quando nel 1975 inspiegabilmente alla sommità del tronco si genera un cipresso che in molti attribuiscono alla volontà di San Giacomo della Marca.
San Giacomo della Marca sulle orme di San Francesco d’Assisi, fondatore dell’Ordine francescano, è stato altresì un precursore di quanto sia essenziale dotare l’ambiente della presenza di alberi come ad esempio le querce a presidio dell’integrità del territorio preservandolo da smottamenti favorendo il drenaggio in caso di intense precipitazioni piovose.
L’area che era occupata dal meraviglioso querceto oggi è ripartita in molti terreni agricoli sapientemente custoditi dal lavoro costante e appassionato dei rispettivi proprietari che sono agricoltori esperti e attenti.