Uno studio condotto da Arpa Marche sugli aborti spontanei nella regione Marche ha portato a risultati che se confermati da ulteriori studi, rivelerebbero dati significativi su quanto l’inquinamento atmosferico possa influire su un evento sanitario come l’aborto spontaneo. Lo studio, pubblicato nei giorni scorsi e datato maggio 2016, è basato su analisi relative a comuni della regione Marche.
Nello specifico, si sono fatte valutazioni dettagliate sul rapporto della sua incidenza con la qualità stimata dell’aria all’aperto attraverso la concentrazione del particolato sottile (PM2,5). La relazione è composta da ben 52 pagine, ma il succo è contenuto in questo paragrafo: “I risultati dell’analisi multivariata mostrano un’associazione statisticamente significativa con la classe di età 35-49 anni, la cittadinanza, i precedenti aborti e l’esposizione al particolato sottile.
In particolare un’esposizione a PM2,5 compresa tra 10 e 14 µg/m3 incrementa il rischio di aborto spontaneo del 9% mentre un’esposizione a PM2,5 superiore a 14 lo incrementa del 13%; valutando l’incremento unitario del PM2,5 si evidenzia un trend positivo del rischio di aborto con un valore p di 0,0332. I risultati sono stati confermati anche senza considerare il fattore di correzione dell’indice di deprivazione socio-economica”.
La fase descrittiva dello studio ha avuto come obiettivo quello di segnalare eventuali anomalie del fenomeno abortivo in determinate aree geografiche della Regione. In sintesi lo studio, avrebbe individuato una serie di associazioni tra l’aborto spontaneo e alcuni fattori di rischio indagati, specialmente il particolato atmosferico, praticamente, l’inquinamento nell’aria che respiriamo. Come dicevamo alcuni autori ritengono necessarie ulteriori ricerche a supporto e conferma dell’associazione rilevata nei propri studi e, eventualmente, a chiarire i meccanismi responsabili dei risultati osservati.