GROTTAMMARE. Gli Haiku di Lillo Olivieri (all’anagrafe Basilio, ma chi lo chiama così?), rappresentano forse una pietra miliare nel panorama della poesia locale. Si tratta di componimenti poetici di origine giapponese le cui origini risalgono al diciassettesimo secolo. Sono composti di tre versi in diciassette more e l’artista grottammarese, che negli anni ha documentato e raccontato, la cultura storica di questo territorio e non solo, ha realizzato un nuovo volume delle proprie composizioni, la cui prima antologia risale al 1988, e nelle scorse settimane è tornato nuovamente in stampa con l’antologia del periodo compreso tra il 1990 e il 2022 e con il contributo artistico del caricaturista Danilo Interlenghi che ha immortalato l’artista raffigurandolo nella doppia veste di Don Chisciotte e Sancho Panza.
Gli Haiku di Olivieri sono stati recensiti niente meno che da una vera e propria istituzione della cultura locale, il compianto professor Emidio Diletti. “Curiosità, mista a piacevole attesa ispirata dall’amicizia – scriveva il professor Diletti – mi ha suggerito di aprire un’antologia di siffatti componimenti pubblicata di recente da Basilio (Lillo) Olivieri di Grottammare”. Il professor Diletti spiega come la raccolta “per i temi che sviluppa, miracolosamente raccoglie i frammenti lirici in pochi nuclei fondamentali così che si possa e si debba leggere come “opus continuum”. Al termine della lettura resta una pienezza di sensazioni con un’impressione prevalente, quella del moto degli esseri nella natura (non per nulla l’immagine del vento si ripete con variazioni più o meno marcate per tutta la silloge), quella della vita generarsi e riprodursi e morire – che anima le contrade di questo mondo che altri, di più ostinato e irrimediabile pessimismo, definiscono cimitero di estinti burattini”.
Ma perché l’Haiku? Lo spiega lo stesso autore: “I poeti giapponesi – afferma Olivieri – usavano tradizionalmente l’haiku
per catturare e cogliere l’essenza un’immagine naturale effimera e l’haiku poteva essere espresso in un solo respiro. Gli haiku usano il linguaggio sensoriale per catturare un’immagine e il poeta usa le parole per comprimere quell’esperienza in modo che le altre persone possano comprenderla in qualche modo. Io non seguo il 5-7-5 perché mi sento limitato come uso delle parole. Poiché le sillabe delle parole italiane variano molto in lunghezza questo metodo alla giapponese mi escluderebbe dall’uso di decine di migliaia di parole italiane nel senso che il mio vocabolario italiano risulterebbe molto ristretto (dove moltissime parole sarebbero cancellate perché non idonee) e l’esercizio poetico sarebbe molto condizionato dalla ricerca spasmodica della sillaba (mero esercizio tecnico) ed allora seguo soltanto le regole delle brevità di 3 righe, riferimento alla Natura e il flash delle parole che fissa la visione, dove ogni parola è una scelta ricercata e personale (docet Andrea Zanzotto Haiku per una stagione, Mondadori, 2019)”.
Gli haiku di Olivieri non hanno titolo ma sono numerati: “Sono espressione di un’ispirazione improvvisa – continua l’autore – non si dilunga con parole superflue, non descrive, ma suggerisce. Scegliere le parole giuste che rientrano nello schema, non una in più o in meno, in modo conciso ed essenziale, è come osservare il mondo attraverso una goccia
di rugiada. L’haiku capta qualcosa che trascende il momento, ma che, allo stesso tempo, può essere espresso solo in
quel momento”.
Olivieri ha scoperto casualmente la forma poetica haiku nell’era della nascita dell’uso del computer. “Possedevo
un Commodore 64 – spiega – e acquistai il libro di Stefano Magistretti “Il poeta elettronico”. Esso conteneva in allegato una cassetta audio con un programma scritto in basic con memorizzate solo 500 parole. Caricato sul computer era in grado di generare autonomamente circa 24mila miliardi di poesie diverse su qualsiasi soggetto a scelta dell’utente ma solo usando quelle 500 parole base. Chi compone haiku ferma un istante di percezione che svanisce in fretta e la rende visiva con le parole. Non avendo esercitato più l’hobby della pittura per mancanza di tempo, ho iniziato nel 1985 a scrivere haiku avendo come insegna ideale:
Un haiku per misura
Prendendo in prestito un’immagine
Per sembrar il mondo e se stessi.