SAN BENEDETTO. Paolo e Michela sono i due protagonisti di “Un tempo piccolo. Continuare a essere famiglia con l’Alzheimer precoce” dove l’autrice Serenella Antoniazzi è riuscita a ricostruire le loro vite, sconvolte da una delle peggiori malattie degenerative: l’Alzheimer, che ha colpito Paolo quando aveva poco più di quarant’anni. Il libro sarà presentato questo pomeriggio alle 17 presso la Sala polifunzionale Rsa San Giuseppe. Dialoga con l’autrice Isabella Egidi, direttore sanitario Rsa San Giuseppe Anni Azzurri, presente Michela Morutto che racconterà la sua storia e la sua esperienza. Presenzierà anche la direttrice di struttura Francesca Rossi. «Con il tempo questo libro è per me diventato quasi una sorta di supporto che vorrei condividere con tutte le persone che si trovano a dover affrontare la mia stessa situazione. Mio marito, che è sempre stato altruista, desiderava che raccontassi la sua storia» racconta Michela.
«Prima che Paolo venisse ricoverato in un istituto, insieme a mio marito abbiamo deciso di lasciare una testimonianza della nostra storia attraverso una sorta di diario ai nostri figli, cresciuti troppo in fretta per via delle condizioni di salute del papà. In queste modo abbiamo voluto far capire che i loro genitori non si sono arresi a questa situazione. Mio marito aveva già vissuto questa esperienza con suo padre. Ed inizialmente non accettava questa malattia».
«C’è un forte bisogno di un supporto pubblico adeguato, purtroppo ancora oggi le malattie neurologiche sono trattate di serie b rispetto ad altre. Ed ecco che tante famiglie vivono tutto questo in solitudine, piegate oltre che dalla malattia incurabile, anche dalla mancanza di aiuti concreti, da una società che stigmatizza ancora la demenza. I casi sono in preoccupante aumento, anche di demenza giovanile. Queste malattie non guardano in faccia nessuno e nulla, attualmente le può fermare».
Michela ricorda come due anni fa, al Quirinale, il figlio Mattia allora dodicenne era stato nominato Alfiere della Repubblica dal Presidente Mattarella, per aver assistito il padre affetto da Alzheimer. «Un grande onore meritatissimo peraltro, ma cosa resta di tutto ciò? I problemi delle persone ammalate, delle famiglie costrette a dividersi in tanti pezzi per supportare, sopportare tutto e tirare avanti la “baracca”, sono rimasti immutati. Poca informazione ancora, supporti pressoché inesistenti e tanti nuovi ammalati e famiglie in balia di un mostro di malattia. C’è ancora tanta strada da fare, tante menti da aprire e occhi da sbarrare» conclude Michela Morutto.