SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “La malaria? L’ho presa tre volte”. Paolo Berrettini racconta la sua disavventura con clamorosa leggerezza, la stessa che gli leggi negli occhi quando ricorda il titolo di campione d’Europa vinto con l’under 19 nel 2003.
Ma al Libero Bizzarri, che l’ha premiato nella serata conclusiva di domenica, i suoi aneddoti vanno tutti ad un’altra esperienza, sportiva e umana allo stesso tempo.
Dopo aver allenato anche l’under 20 ai Mondiali del 2005 (“commentavo io”, gli ricorda Maurizio Compagnoni), Berrettini mollò tutto per l’Africa, continente che ancora lo accoglie, essendo diventato da quattro anni a questa parte il responsabile di under 17 e under 20 della Repubblica del Congo.
“Allenare l’under 20 non è difficile – rivela – è composta da giocatore di A e di B. Molto difficile è invece lavorare nell’under 17, visto che là non esistono settori giovanili. Ho percorso chilometri, ho attraversato foreste per andare a visionare ragazzi che giocavano scalzi nei campi sterrati”.
L’approccio fu inevitabilmente traumatico: “Trovai una nazionale di basso livello, decisi di cambiare tutto. Le trasferte sono interminabili e lunghissime, non è come qua da noi. La prima partita la persi, non parlavo ancora bene francese e sentendo un coro chiesi di tradurmelo. Mi stavano dicendo ‘italiano vattene!’. Cominciamo bene, pensai”.
Berrettini spiega perché spesso e volentieri le nazionali africane si affidano a commissari tecnici europei: “I bianchi non guardano in faccia a nessuno, là c’è spesso una guerra tra villaggi, prima che arrivassi io c’era razzismo tra di loro. Al contrario, un europeo è estraneo a tutto ciò”.