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Truffe petrolifere, in manette due sambenedettesi

Operazione portata avanti dlla Guardia di Finanza di Perugia
Pubblicato il 20 Marzo 2018

PERUGIA – Due sambenedettesi, uno di 54 e l’altro di 60 anni, sono stati arrestati, questa mattina, dalla Guardia di Finanza in quanto ritenuti parte di un sodalizio specializzato in alcune operazioni illevite con i carburanti. Con loro sono finiti in manette altre undici persone. Il 54enne era già in carcere, a Pescara quando le Fiamme Gialle gli hanno notificato l’arresto. Il sessantenne si trovava invece nella sua abitazione, a San Benedetto, in regime di arresti domiciliari.

L’operazione, come detto, è stata portata avanti dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Perugia che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti di 13 soggetti, di cui 8 in carcere e 5 agli arresti domiciliari, residenti in Umbria, Lombardia, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Svizzera, indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali.

Contestualmente è in corso di esecuzione il sequestro preventivo di oltre 25 milioni di Euro disposto dallo stesso G.I.P. sui conti correnti, sulle quote societarie e sui beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati ed alle società coinvolte nell’associazione.

Le complesse indagini di polizia giudiziaria, dirette da questo Ufficio ed eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia e, per i profili di competenza, dal locale Ufficio Doganale, hanno preso il via da un controllo fiscale aperto nei confronti di un’importante società umbra operante nella distribuzione di prodotti petroliferi.

All’esito di detto controllo si è proceduto all’effettuazione di mirate analisi di rischio, insieme a specifici servizi di osservazione e pedinamento ed approfondimenti dei rapporti commerciali intrattenuti da un imprenditore umbro, che hanno consentito, anche con l’ausilio di indagini tecniche e finanziarie, di risalire sino ai vertici di due distinte organizzazioni criminali, di cui una operante anche in ambito internazionale, nel settore della commercializzazione di carburante per autotrazione.

In particolare, l’imprenditore umbro è risultato il “terminale privilegiato” delle due organizzazioni che, in modo del tutto indipendente l’una dall’altra, avevano messo in piedi una colossale frode all’IVA. Infatti, sui carburanti gravano, per il 72% circa del costo industriale, due tipologie di imposte: le accise (50% circa) e l’IVA (22%), che costituiscono un’importante entrata per il bilancio nazionale.

Sfruttando la normativa vigente in caso di acquisti di beni in ambito comunitario, per cui l’IVA viene applicata nel Paese di destinazione, le due organizzazioni criminali avevano posto in essere sofisticati sistemi per evitare il pagamento dell’imposta ed ottenere illeciti guadagni con il commercio di carburante.

In particolare, i promotori di una delle due associazioni avevano costituito una società svizzera, che acquistava carburante da regolari raffinerie dislocate in Slovenia e Croazia e lo rivendeva, applicando un margine di guadagno, a 8 società fittizie con sede in Italia, 2 appositamente create ed intestate a prestanomi ma, di fatto, riconducibili agli stessi promotori.

Così, mentre il carburante transitava dall’Est Europa in un deposito fiscale italiano, in attesa di giungere ai destinatari finali, le società interposte emettevano false fatture di vendita ad un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto dalla società svizzera, con l’applicazione dell’IVA.

In questo modo, i destinatari finali del carburante riuscivano a spuntare un prezzo più basso di quello praticato dal mercato, così da poter praticare, presso le proprie pompe di benzina, prezzi più convenienti rispetto alla concorrenza, con conseguente distorsione del mercato e notevole danno per gli altri operatori del settore.

Contestualmente, le società fittizie aumentavano il loro debito IVA nei confronti dello Stato, senza mai assolverlo, mentre il margine di guadagno della compravendita di carburante veniva depositato al sicuro nei conti svizzeri nella disponibilità dei promotori dell’organizzazione.

Inoltre, per evitare controlli che potessero disvelare il meccanismo fraudolento, il prelevamento del carburante dal deposito fiscale avveniva in tutta regolarità, con il pagamento dell’accisa e la predisposizione della documentazione di trasporto per le autocisterne: allo stesso modo, venivano regolarmente effettuati i pagamenti in corrispondenza dei vari passaggi del prodotto (società svizzera – società fittizie – cliente finale).

Analogo schema fraudolento è stato adottato dalla seconda organizzazione criminale che si è avvalsa della consulenza di un commercialista romano per l’individuazione dei potenziali prestanomi cui intestare 13 società fittizie, che rivendevano il carburante a distributori finali. In alcuni casi, venivano poste in essere delle varianti al modus operandi per rendere più complessa la ricostruzione dei fatti illeciti: le società fittizie procedevano, infatti, all’acquisto di carburante da fornitori italiani presentando false “dichiarazioni di intento”, in cui attestavano
di essere esportatori abituali, circostanza che consentiva di traslare su di loro il debito IVA.

Le indagini hanno consentito di individuare ben 21 società fittizie create dalle due organizzazioni criminali ed intestate a prestanomi che, in un biennio, hanno frodato il fisco, complessivamente, per oltre 25 milioni di Euro. Proprio per arginare questo fenomeno criminale, che prende il nome di “frode carosello”, il legislatore è intervenuto in occasione della legge di bilancio 2018, prevedendo ora anche per l’IVA, così come già contemplato per l’accisa, l’obbligo di versamento dell’imposta all’atto dell’estrazione del carburante dai depositi fiscali.

Il lavoro meticoloso, portato avanti con competenza e professionalità dagli investigatori anche attraverso l’esecuzione di decine di perquisizioni in tutta Italia e l’esame della mole di documentazione acquisita, nonché l’effettuazione di mirate indagini finanziarie, ha consentito di assicurare alla giustizia i componenti delle associazioni criminali e di restituire alla collettività gli ingenti proventi dell’attività illecita, non solo sotto forma di disponibilità finanziarie ma anche di ville milionarie ed autovetture di lusso.

La sinergia tra la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane ha contribuito in maniera significativa al disvelamento delle complesse architetture criminali progettate e realizzate dai due sodalizi in un settore merceologico tanto peculiare sotto il profilo normativo quanto strategico dal punto di vista economico e tributario.

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