Tutti ricordiamo le scioccanti immagini dello scorso 12 giugno quando il calciatore danese Christian Eriksen, 29 anni, ha avuto un arresto cardiaco cadendo in campo privo di sensi. Il suo capitano Simon Kjaer, intuendo la gravità della situazione, ha subito spostato la lingua del compagno liberandogli le vie respiratorie: un intervento decisivo, sommato al tempestivo massaggio cardiaco praticato dai medici e alla scossa del defibrillatore che ha ridato al cuore il suo ritmo naturale.
“Purtroppo anch’io ho vissuto una situazione simile – ci racconta il sambenedettese Orazio Malatesta. Era il 29 giugno del 2001, avevo 26 anni; in quel periodo giocavo in prima categoria nella società Castoranese. Ogni anno effettuavo la visita sportiva agonistica senza riscontrare nessun tipo di anomalia”.
“Molti dei miei compagni di squadra erano di Ascoli – continua Malatesta – e quindi mi invitarono a partecipare al torneo delle Tofare, una competizione estiva che ogni anno si svolge in questo quartiere ascolano”. Ma la serata di divertimento stava per trasformarsi in tragedia.
“Durante le prime fasi di gioco ebbi un malore e crollai a terra per un arresto cardiaco. Purtroppo quello non era il campionato europeo dove ci sono ambulanze, medici ed migliori soccorritori con il defibrillatore già pronto a bordo campo. Nonostante tutto “qualcuno” aveva deciso che non era ancora il mio momento; il mio angelo custode si materializzò nella persona di Tiziana Marinucci, una giovane infermiera ascolana che si trovava lì quasi per caso. Lei, con il suo intervento tempestivo e con la sua tenacia mi strappò alla morte con un massaggio cardiaco lungo ben 9 minuti in attesa dell’arrivo dell’ambulanza”.
Ogni giorno ne accadono centinaia di questi episodi ma non tutti hanno la fortuna di avere un medico o un infermiere pronti ad intervenire. “Oggi a distanza di vent’anni ci siamo incontrati ricordando quella serata, quando le nostre vite si sono incrociate in maniera rocambolesca.
Se questa storia si è conclusa con un lieto fine lo devo solamente a lei. Gli devo la vita nel vero senso della parola”.
Insieme i due vogliono lanciare un appello affinché si capisca l’importanza dei corsi di primo soccorso: più persone hanno le capacità di intervenire e più vite potrebbero essere salvate. “Sarebbe opportuno fare almeno una volta l’anno un corso di primo soccorso per tutte le squadre che partecipano a tornei professionistici, dilettantistici e amatoriali, così da poter trasferire le capacità acquisite dall’ ambiente sportivo a quello familiare o lavorativo. Sinceramente non so quanti defibrillatori si trovino sparsi nel nostro territorio. Certo è che in caso di arresto cardiaco il defibrillatore è utile se è possibile trovarlo nelle vicinanze. Più sono diffusi e facilmente reperibili, più sono le probabilità di averne uno a portata di mano in caso di bisogno. Tuttavia le cose sono molto migliorate rispetto a 20 anni fa ma si potrebbe fare sempre meglio per esempio la maggior parte dei defibrillatori si trovano in luoghi chiusi come palestre e scuole. Portarli all’esterno permetterebbe una maggiore copertura e un servizio per la comunità. Quando vado a vedere una partita di calcio che sia amatoriale o di ragazzini, la prima cosa che guardo è la presenza dell’ambulanza a bordo campo. Mi fa stare più tranquillo”.