SAN BENEDETTO DEL TRONTO – E’ arrivato fino alla Corte di Cassazione l’incidente che, nell’aprile del 2015, portò alla condanna di un automobilista di 38 anni che, dopo aver provocato un incidente con relativo ferimento dell donna alla guida dell’altra vettura, si era allontanato senza fermarsi.
Fu trovato poco dopo, sotto la propria abitazione, dalla polizia e risultò essere positivo all’etilometro. Dopo la condanna in Appello ad un anno di reclusione, l’uomo attraverso i suoi legali ha presentato ricorso alla Suprema Corte che però ha rigettato le sue istanze confermando la decisione del Tribunale. Il legale aveva presentato cinque obiezioni alle motivazioni che avevano portato alla condanna.
Tra questi il fatto che non si era «tenuto conto adeguatamente dello stato di alterazione cognitiva e psicologica in cui si trovava l’imputato che aveva riportato anche una ferita lacero-contusa e un forte trauma cranico». Il legale ha infatti tentato di dimostrare la buona fede del suo assistito citando il fatto che dopo l’incidente il trentottenne è tornato a casa dove è stato rintracciato dagli agenti della polizia.
«Ciò – spiega il legale – dimostra che non vi era la volontà di darsi alla fuga». Tra i motivi del ricorso l’avvocato ha anche inserito il fatto che le due rilevazioni effettuate per verificare lo stato di ebbrezza dell’uomo sono state effettuate senza avvisarlo della facoltà di farsi assistere da una persona di fiducia. La difesa ha anche affermato che gli agenti intervenuti quella sera avrebbero stravolto le deposizioni della ragazza ferita e di due testimoni formulando «per loro mera convinzione la deduzione che l’automobilista si fosse dato alla fuga». I giudici della Suprema Corte hanno però rigettato in toto il ricorso.