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Addio al Ballarin. Zoboletti, Cagni, Simonato e Compagnoni: “Si mantenga il ricordo”

Il telecronista: "Sarebbe giusto mantenere un spicchio di curva". L'ex capitano: "A Natale ci sono passato e mi sono commosso". Il figlio dello storico patron: "Doveroso ricordare ciò che è stato"
Pubblicato il 22 Gennaio 2024

SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Si avvicina il giorno dell’avvio della demolizione dell’ex stadio Ballarin. Un impianto che ha legato il suo nome alla storia migliore della Sambenedettese, portando con sé i ricordi di migliaia di tifosi.

“Cominciai ad andare al Ballarin che ero un bambino – confida Maurizio Compagnoni – era l’anno in cui ci fu la promozione in B con Bergamasco. Non ero alto e dovevo arrivare due ore prima per prendere posto davanti alla rete. All’epoca andavo ai distinti ed entravo gratis, poi quando iniziai a pagare il biglietto mi spostai in curva. In seguito mi trasferii in tribuna stampa, perché già a 16-17 anni collaboravo con i giornalini locali”.

“Lo sogno di notte”

Sulla decisione di abbattere la struttura, il telecronista Sky ha le idee chiare: “Hanno abbattuto tanti stadi prestigiosi. L’Highbury è addirittura diventato un condominio. Tenere il Ballarin in quelle condizioni non aveva senso, però mi dispiace. E’ capitato pure che lo sognassi ed è stato bellissimo”.

“Sono legatissimo – continua Compagnoni – ma non posso dire che sia assurdo metterci mano. Non si può lasciare così. Mantenere l’intera curva non è fattibile, però se lasciassero un piccolo spicchio in segno di ricordo sarebbe un’ottima cosa. Inoltre, ritengo sia doveroso intitolare una via o una piazza a Maria Teresa Napolioni e Carla Bisirri”.

Di “ricordo necessario” parla anche Gigi Cagni, ex capitano rossoblu che al Ballarin giocò centinaia di partite: “Faccio fatica a pensare all’abbattimento, quello stadio fa parte della mia storia, che conta poco, ma soprattutto della storia di San Benedetto e della Sambenedettese. Capisco che un’area del genere debba essere utilizzata, ma qualcosa va lasciato, non so cosa, ma qualcosa deve restare. Tirar via tutto è da evitare assolutamente”.

E svela: “A Natale sono venuto giù con i miei figli, che sono cresciuti a San Benedetto. Tutte le volte passo di lì e io e mio figlio ci commuoviamo”.

L’emozione

Sulla stessa lunghezza d’onda Maurizio Simonato, che vestì la casacca rossoblu dal 1972 al 1977. “Quel luogo mi provoca sempre forti emozioni. Venni a giocarci quando militavo nella Massese e toccai con mano le sensazioni che si provavano. Successivamente venni acquistato dalla Samb e il primo giorno fu clamoroso: trovammo lo stadio pieno a ferragosto per un’amichevole con la formazione juniores. E’ un ricordo indelebile, così come sono indelebili la vittoria del campionato e il gol alla Juventus per il 2 a 2 in Coppa Italia. Cinque anni non sono pochi, li porto nel mio cuore”.

Sulla riqualificazione, invece, Simonato non modifica la sua posizione assai critica: “Proponemmo un progetto meraviglioso, straordinario. Quel posto sarebbe diventato un centro di aggregazione e la curva sarebbe stata restaurata. Purtroppo il Ballarin diventerà un immenso parco bau. Ho un groppo in gola ogni volta che ci passo davanti”.

Doveroso, infine, il commento di Afro Zoboletti, figlio dello storico presidente Ferruccio, a cui si legano gli anni più belli del club. “La mia gioia più grande da bambino era quando papà mi portava là la domenica. Fare a piedi la strada insieme a tantissima gente e sentire l’odore dei lupini e delle noccioline sono ricordi bellissimi di un tempo che porto nel cuore e che sogno possa tornare”.

Sul futuro: “Nessuno più della nostra famiglia ha interesse a ricordare quegli anni d’oro e le ragazze scomparse in quella tragedia. Penso sia doveroso ricordare ciò che è stato. Il Ballarin è stato il tempo dello sport in città, ritengo si debba trovare una soluzione. Una diversa destinazione dall’attuale è doverosa, magari risolvendo il problema della viabilità, ma si mantenga viva la memoria”.

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