ASCOLI PICENO. Venti anni fa, nel 2005, veniva riconosciuta ufficialmente la Denominazione di Origine Protetta (DOP) per l’Oliva Ascolana del Piceno. Oggi, il Consorzio di Tutela e Valorizzazione dell’Oliva Ascolana del Piceno DOP, insieme a CIA, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri, lancia un appello al Ministero dell’Agricoltura affinché si prosegua nell’azione di tutela del marchio.
«Il Ministero dell’Agricoltura si è fortemente impegnato nella tutela delle altre DOP, anche nelle fasi contenziose che si sono protratte per tutti i gradi di giudizio sino in Cassazione» sottolineano i firmatari della nota congiunta.
Il problema principale riguarda l’uso illecito della parola “ascolana” nelle etichette di olive non certificate DOP. «La parola “ascolana” – e ogni suo richiamo anche parziale o storpiato – può essere utilizzata soltanto nelle etichette delle olive certificate come DOP» affermano le associazioni, evidenziando che si tratta di un caso di «illecita “evocazione” di una Denominazione di Origine Protetta».
Lo scorso giugno, per la prima volta, i Carabinieri Forestali hanno multato un’azienda che utilizzava il termine in modo improprio. «Chi la pone in essere riceve sanzioni pecuniarie, come è avvenuto per la prima volta nel giugno scorso ad opera dei Carabinieri; inoltre, devono essere rimosse in etichetta le parole illecitamente “evocative” della DOP» prosegue la nota.
A sostegno della richiesta di maggiori controlli, il Consorzio ricorda come il Ministero abbia già preso posizioni nette in altri casi: «Si pensi ai casi delle recenti sentenze di Cassazione sulla tutela del “Prosciutto di Modena DOP” e sul “Pecorino Sardo” nei quali il Ministero ha avuto posizioni granitiche ritenendo illecita evocazione delle due DOP rispettivamente “la Culatta di Modena” e il Pecorino da tavola Pastore del Tirso Sapore Sardo».
L’uso improprio del nome crea danni economici all’intera filiera, mettendo a rischio i produttori locali: «La filiera composta da questi “segmenti” ad oggi è ostacolata e bloccata dalla confusione dei nomi nei prodotti messi in vendita, posto che nel prodotto generico, cioè non certificato DOP, viene abusivamente utilizzato il richiamo alla parola “ascolana”, disperdendo così proprio il valore aggiunto e dunque la sua maggiore remunerazione, che il riconoscimento “DOP” offre solo quando viene mantenuto “l’indissolubile legame” del prodotto agricolo trasformato con la provenienza geografica protetta».
Infine, il Consorzio e le associazioni agricole lanciano un monito: «Dopo venti anni di errori, perseverare sarebbe davvero diabolico e autolesionistico».