ASCOLI PICENO. Negli ultimi giorni, si è discusso molto dell’Oliva Tenera Ascolana, ma spesso senza dare voce a chi ogni giorno si occupa della sua coltivazione. Il dottor agronomo Ugo Marcelli, titolare di un’azienda agricola nel territorio piceno con due ettari coltivati a tenera ascolana, ha deciso di intervenire per condividere il suo punto di vista.
«Conduco un’azienda di 10 ettari, di cui due destinati alla tenera ascolana. Le olive prodotte vengono in parte deamarizzate per la preparazione delle olive ripiene, in parte utilizzate per l’estrazione dell’olio extra vergine». Marcelli evidenzia come il settore sia cambiato da quando è stato istituito il Consorzio dell’Oliva Tenera Ascolana del Piceno DOP, al quale è iscritto: «Il Consorzio tutela e promuove questo prodotto, fiore all’occhiello del nostro territorio».
Dal punto di vista economico, i numeri parlano chiaro: «Un agricoltore che produce olive tenera ascolana per la deamarizzazione può ottenere una produzione lorda vendibile di 8.750 euro ad ettaro». A questo si aggiunge il contributo della produzione di olio extravergine, che porta il valore totale a circa «11.000 euro per ettaro».
Un altro aspetto rilevante è l’inserimento del monovarietale di tenera ascolana nel Consorzio IGP Marche-Olio, a ulteriore conferma del valore di questa coltura.
Marcelli sottolinea due aspetti fondamentali: «Il reddito garantito dalla tenera ascolana è superiore a molte altre colture della media collina marchigiana» e il prodotto può vantare una doppia certificazione («DOP per le olive ripiene e IGP per l’olio extravergine»), garanzia di tracciabilità per produttori e consumatori.
A proposito delle recenti polemiche sul Consorzio DOP, il dottor Marcelli non esita a rispondere: «Gli industriali si lamentano giustamente dei prodotti italiani copiati nel mondo. Allora, le olive ripiene fatte con olive spagnole o greche, ma vendute come tipiche ascolane, cosa sono?». Per l’agronomo, la tutela dell’Oliva Tenera Ascolana del Piceno DOP è fondamentale per «salvaguardare il reddito degli agricoltori, contrastare l’abbandono delle campagne e offrire ai giovani nuove opportunità per restare legati al territorio».