GIULIANOVA. Dopo settimane di silenzi, accertamenti e piste da verificare, l’indagine sulla morte di Fabiana Piccioni fa un passo avanti. La 46enne, scomparsa all’inizio di gennaio e ritrovata senza vita in un’area di campagna tra Giulianova e Mosciano Sant’Angelo, potrebbe finalmente avere giustizia. Un cittadino albanese di circa 50 anni è il primo nome iscritto nel registro degli indagati.
Il blitz è scattato nella notte tra mercoledì e giovedì: i carabinieri del Nucleo operativo di Giulianova e del Reparto operativo provinciale, guidati dal comandante Carmelo Grasso, hanno eseguito una perquisizione domiciliare nei confronti dell’uomo, che al momento resta a piede libero. Le accuse sono pesanti: spaccio di stupefacenti, morte come conseguenza di altro reato e occultamento di cadavere.
Secondo quanto emerso dall’autopsia, Fabiana sarebbe deceduta per un mix letale di droghe. Il vero mistero riguarda ciò che è accaduto dopo: perché il suo corpo è stato abbandonato e in parte dato alle fiamme? Chi era con lei in quei momenti?
Durante la conferenza stampa di ieri, il procuratore Ettore Picardi e il colonnello Pasquale Saccone hanno ricostruito i principali passaggi dell’inchiesta, sottolineando che l’indagine è ancora aperta e che potrebbero esserci nuovi sviluppi a breve. Un elemento centrale sarà l’analisi del DNA ritrovato sul corpo e inviato al Ris di Roma: alcune tracce potrebbero portare a persone ancora non identificate.
Il caso è seguito dalla sostituta procuratrice Greta Aloisi, che ha coordinato un’indagine estesa: oltre 70 persone ascoltate tra amici, colleghi e conoscenti, intercettazioni telefoniche, analisi dei video di sorveglianza e tracciamento degli spostamenti dell’indagato, il quale inizialmente era irreperibile, ma è poi rientrato in Italia.
Nonostante le gravi contestazioni, non è stato disposto alcun arresto: secondo la Procura, non sussistono le condizioni per un provvedimento cautelare, in assenza di rischio di fuga o inquinamento delle prove. Tuttavia, la posizione dell’uomo resta sotto esame e altri nomi potrebbero presto emergere.
Fabiana, molto conosciuta nella zona, aveva lavorato come barista ed estetista, ed era attiva nel volontariato. Il 2 gennaio si erano perse le sue tracce. Il corpo è stato ritrovato sette giorni dopo in un campo, nascosto e in parte bruciato.
Resta un interrogativo crudele: se Fabiana è morta per overdose, perché chi era con lei non ha chiesto aiuto? Chi era lì, invece di salvarla, ha scelto di sparire e nascondere ogni traccia, fino al gesto estremo di incendiare il cadavere. Un atto che racconta un silenzio carico di colpa, ancora tutto da chiarire.